Di Fabio Riccio,
In Basilicata i produttori di “vino naturale” si contano sulle dita di una sola mano.
Peccato…
Ma… per naturale non intendo chi pur con lode produce vini solamente “Bio” come da disciplinare, ma chi realmente e non a parole, condivide NON PER MODA certi principi (anche etici), ed estrinseca questo non oltrepassando alcuni paletti che (più o meno…) mettono d’accordo tutto il magmatico mondo di chi produce e beve il vino naturale.
In sintesi estrema, agricoltura veramente “green” e niente enoporcate in vigne e in cantina come riduzioni, osmosi inversa, filtrazioni invasive etc etc, e in fermentazione solo lieviti indigeni e di nulla più, con la sola concessione di un minimo di So2, ma solo se necessario.
In casi particolari, si può discutere anche su chi fa un blando controllo della temperatura, ma questo è un altro discorso.
Insomma, pur se con i dovuti distinguo e limitazioni, un vino naturale deve rispondere nei fatti, e non nelle belle (e vaghe) enunciazioni di certi dépliant a quanto si legge in questa pur incompleta e parziale tabella, qui in calce. Così, tra i pochi “Lucani naturali”, ho finalmente trovato sulla mia strada il Juiell 2019, un bel rosato di uve Aglianico dell’ Agricola Camerlengo, del bravo Antonio Cascarano.
Certo, dire Basilicata enologicamente, significa Aglianico & Vulture.
In Linea di massima è vero.
Rapolla, provincia di Potenza, 600 metri sul livello del mare, vigne di famiglia, alcune di “una certa età”.
Premessa: l’eno-immaginario collettivo associa l’Aglianico (il vitigno) ai classici vinoni, magari quelli passati in legno, con la non sottaciuta gara tra certi produttori su chi li lascia più tempo dentro, sfidando il rischio melassa-scarti-di-falegnameria…
No: l’Aglianico non è solo questo, perché tralasciando certi eccessi forzatamente modaioli, pur se non esageratamente eclettico come altri vitigni “importanti”, ad esempio il Montepulciano d’Abruzzo, e sempre se è nelle mani giuste, anche l’aglianico sfodera doti di buona poliedricità che gli fanno raggiungere risultati interessanti, anche non declinato nelle vesti tradizionali.
Così è per il Juiell 2019, un bel figlio di uve Aglianico pressate al torchio e liberamente fermentate (senza bucce o quasi, eh…) in rovere usato, che già dal primo sguardo sorprende per il bel colore quasi corallino.
Sbrigata la pratica dell’apertura, il benvenuto al naso lo danno i molti profumi “tondi” di frutta a bacca rossa, le note floreali e quelle di rosa, che con l’evoluzione virano verso registri meno “taglienti” e più morbidi, quasi come quelli di certe ciprie di una volta…
Al palato, sempre nella trama di una struttura importante, il Juiell 2019 si dimostra di buona beva, fresco e minerale quanto basta, e con un finale, che pur se non da record, lascia i recettori sensoriali di chi lo ha degustato amabilmente occupati per un bel po’…
Il Juiell 2019 è un vino da bere con calma e tranquillità, in estate appena appena fresco e non ibernato, in inverno a temperatura ambiente.
Io l’ho provato con una frittura mista di calamari, triglie e merluzzetti vari, e non se l’è cavata poi tanto male, anzi, ma il sottoscritto per i suoi accostamenti eno-gastronomici eretici non fa testo…
Azienda Agricola Camerlengo
Via T. Tasso, N° 3 – 85027 Rapolla (PZ)
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Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?