Il re è nudo analisi di un pizzaiolo

Di Fabio Riccio,

Negli ultimi tempi mangio molte, forse troppe pizze.

Vuoi il caso, vuoi che di pizza ne sono goloso, ma almeno un paio di pizze a settimana negli ultimi tempi pongono fine alla loro effimera esistenza nel mio apparato digerente. Pizze buone, pizze meno buone, pizze di tutti i generi. 

La pizza… c’è chi la vuole cotta, c’è chi la vuole cruda…

Tralasciando le mie personali e per nulla infallibili opinioni sui singoli pizzaioli e pizzerie, in questa vera e propria overdose pizzaria, mi sono confrontato con molte e differenti “cose che una volta nel piatto, si fregiano del nome “pizza”.

Il re è nudo analisi di un pizzaiolo - forno

In quest’ottica giorni addietro, per la prima volta sono stato in una pizzeria che ha acquisito gran fama, in questo caso nazionale. Il re è nudo analisi di un pizzaiolo

Il pizzaiolo di questa pizzeria, a detta di alcuni critici specializzati (?), ma anche secondo la vox populi, ha gran reputazione sia come mago degli impasti, che come utilizzatore di ottime materie prime per la farcitura.

Bene, premesse buone.

Pizzeria pulita e accogliente, forse per arredamento e impostazione paragonabile più a un ristorante, personale gentile e professionale, e infine anche una discreta scelta di vini e birre artigianali, cosa non sempre frequente anche in pizzerie di rango.

Trascurando la regoletta aurea che imporrebbe la prima volta che si visita una pizzeria di prendere pizze “semplici” (esempio margherita e marinara), ordiniamo invece due pizze mediamente complesse per farcitura, ma diverse per base: una di farro, l’altra tradizionale, per mettere sotto la lente d’ingrandimento l’abilità e la sapienza di questo blasonato pizzaiolo.

Beh… la prima pizza, farro o non farro, senza mezzi termini si rivela un qualcosa di imbarazzante.

A parte gli apprezzabili prodotti della farcitura, la pizza chiaramente cotta al forno elettrico (vabbè…), come impasto denota palesi e non equivocabili problemi di cattiva se non quasi assente lievitazione.

Lo so, giocare con il farro nel farlo lievitare per bene, non è faccenda semplice.

Superato il 50% rispetto al resto della farina, cominciano i problemi.

Però, qui il risultato scodellatomi nel piatto è un qualcosa di quasi azzimo, manifestamente non lievitato a dovere.

Per dovere di obiettività assaggio. Il sapore generale pur se non esaltante non è male, il farro regala a naso e palato bei sentori, a tratti suadenti e invitanti, ma a conti fatti non mi sembra una pizza, bensì una sorta di molliccia e malriuscita focaccia con sopra buoni, anzi: ottimi prodotti.

Serata storta del pizzaiolo?

Lievito con la “luna di traverso”?

Qualche birichinata del forno?

Oppure… solo il tentativo di strafare, cavalcando un certo salutismo-terrorismo che demonizza a prescindere tutto ciò che è anche minimamente legato alla farina?

Non lo so.

Seconda pizza…

Qui, le cose oggettivamente vanno meglio.

L’impasto, senz’altro un mix di ottime farine, tecnicamente è ben fatto, morbido, elastico ma non cedevole, discreta l’alveolatura, presumibilmente dentro c’è anche qualche goccia di olio.

Minime lacune nel cornicione non cotto a perfezione, si risolvono dopo poco da sole con il naturale raffreddamento.

Anche qui forno elettrico – non so a che temperatura – e non so per quanto.

Il forno, come il banco di lavoro, purtroppo non è a vista.

All’assaggio, farcitura sin dal primo morso che denota l’uso di prodotti di assoluta eccellenza.

Dotto e molto ben studiato l’equilibrio tra le tendenze olfattive e gustative dei prodotti usati, dal punto di vista della sintassi dei sapori.

Il re è nudo analisi di un pizzaiolo - margheritaTutto bene quindi?

No.

C’è un però…

Come ho già scritto, come impasto “tecnicamente” si naviga bene, ma il risultato finale, quello scodellatomi nel piatto anche in questo caso non so se si può chiamarlo pizza…

Perchè questo?

Semplicemente perchè la base, più che quella di una pizza tout court, sembra solo un disco di buon pane forgiato a guisa di pizza, e del pane logicamente ha sentori aromatici panosi, qui però stranamente neutri e poco percepibili.

Sarà pure una base magistralmente lievitata per un numero infinito di ore, e fatta con le migliori farine del globo terraqueo, ma in una “pizza” come questa, la base non concorre, se non in misura omeopatica, a realizzare quel magico equilibrio tra i sentori e sapori di base & farcitura che è la la caratteristica di una buona pizza.

Una pizza ben fatta, e questo a prescindere delle varie scuole di pensiero che esistono, è sempre e comunque un intreccio gustativo e olfattivo tra la base, e quel che ci si mette sopra.

Qui semplicemente questo intreccio non c’è, perchè la base ha sentori e gusto eterei e non dialoga con gli ottimi ingredienti della farcitura, tutto qui.

Due cose separate.

Come sensazioni trasmesse, sarebbe stato lo stesso se questi ingredienti fossero stati cotti e messi in un piatto, e mangiati accompagnati dal pane della base a mo’ di companatico…

La base, qui a conti fatti, è un mero “vassoio commestibile” per quel che di buono (anzi: ottimo) c’è sopra, pur rimanendo corretta dal punto di vista panificatorio.

Oggettivamente e nei fatti, non siamo di fronte a una pizza, siamo di fronte a qualcos’altro. Stop.

Il re è nudo analisi di un pizzaioloA questo punto pensando al pizzaiolo, alla sua profusione di riconoscimenti e anche a un certo tipo di critica che non so quanto consapevolmente lo osanna, dopo aver assaggiato cosa esce dal suo forno, la prima cosa che mi viene in mente è di gridare che… il Re è nudo, a mo’ di metafora per la immeritata nomea di questo signore, almeno come pizzaiolo.

Semplicemente non chiamatelo pizzaiolo, di certo è bravo e intellettualmente onesto, però lui è altro.

Uno chef abile panificatore?

Uno sperimentatore estremo?

Qualcuno che prova a battere strade nuove?

Forse…

Attenzione, con questo non voglio dire che siamo di fronte a un mistificatore o a un imbroglione, tutt’altro.

Siamo solo di fronte a un qualcuno che, come altri “pizzaioli” (virgolettato) ha una idea della pizza a mio avviso (e non solo mio…) molto ma molto discutibile.

Questa pizzeria (?), pur essendo un luogo dove è tangibile che c’è tanta civiltà dei sapori e grandissima attenzione a dettagli altrove trascurati, semplicemente non sforna pizze, ma delle cose che anche se encomiabili se viste dal punto della sintassi del gusto e della territorialità, non sono pizze.

La pizza è cosa ben diversa. Stop.

Il re è nudo analisi di un pizzaiolo - mezza pizza

Tirando le somme, le considerazioni da fare sono due.

La prima considerazione è per la fama del pizzaiolo, ma anche per le idee di chi l’ha aiutato a costruirla.

Personalmente, e dopo aver sperimentato il tutto in una serata qualunque e in assoluto incognito, la trovo semplicemente non giustificata.

Un ottimo professionista che propone a un certo tipo di clientela, che della pizza ha idee non ben consolidate, quello che cerca, portandolo però il tutto a livelli qualitativi e magari anche di salubrità molto alti, tutto qui.

La seconda è su come è indistinta e fluttuante l’idea di come deve essere una buona pizza per l’italiano medio, e con questo non intendo fare una difesa d’ufficio del modello di “pizza napoletana”.

In giro per l’Italia da nord a sud ci sono tanti e tanti bravissimi pizzaioli che con il loro lavoro hanno fatto nascere diverse “scuole di pensiero sulla pizza”, scuole che pur se diverse per tecnica, prodotti e aspetto, hanno in comune l’immediata riconoscibilità, sia visiva che gustativa di questa nostra eccellenza nazionale.

Le pizze del bravo Stefano Callegari di Sforno a Roma, o del giovane Andrea Giordano di Lievito 72 a Trani, giusto per fare due esempi, sono parecchio lontane dal modello napoletano, ma restano pur sempre riconoscibili e godibili come pizze, delle grandi pizze…

Mi dispiace, ma per me il Re è nudo…

2 commenti su “Il re è nudo analisi di un pizzaiolo”

  1. Ecco… avete centrato il punto.
    Da Pizzaiolo, ci tengo moltissimo a precisare non napoletano ma veneto, ho sempre l’impressione che in locali come questo che è scritto nell articolo ci si nasconde dietro una cortina di fumo nel fare impasti e bighe che sono la fine del mondo…
    magari lo sono, ma giustamente qui, ci si chiede: ma sono pizze o prodotti di panetteria?

    Rispondi

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