Primo e secondo ci sono… dopo, tutti a pari merito terzi!
Le linee guida della classifica sono queste:
- Appartenere notoriamente e pubblicamente al mondo del “Vino naturale”, indi, niente vini solo certificati Bio, ne’ solo biodinamici etc etc.
- Assaggio votato alla piacevolezza emotiva complessiva.
- Nessun difetto di sorta.
- Bottiglie rigorosamente pagate di tasca propria.
Buona lettura
1° – G & M 2019 – Domaine de La Bohème Patrick Bouju
classifica di Gastrodelirio dei migliori vini naturali del 2021
E… sento ancora chi mi apostrofa con il perchè “mi ostino a bere vini naturali” (magari che puzzano, aggiungerebbe qualcuno) l’obbligo a pedate a provarlo!
Fuochi artificiali ai sensi, ma perfettamente equilibrati oltretutto con una spalla acida perfetta, che… non capita spesso di incontrare, anche nel mondo “naturale”.
Emozionante, scoppiettante e adrenalinico, è un blend di Muscat, Grenache Gris, Riesling e Auxerrois (quest’ultimo incrocio di Pinot e Gouais Blanc) che schiaffeggia i sensi pur restando lontanissimo dai tanti banali orange che folleggiano in ogni dove.
Si: un vero cimento sensoriale e, il semplice atto di assaggiarlo, vale più di ogni noiosa spiegazione sul perché bevo naturale, e perché è bello farlo.
Formidabile, punto.
2° – Ascaro 2018 Andi – Moriano (PV) – La Barbera fuori dalla mischia…
Poche chiacchiere: una Barbera dell’oltrepo pavese da piangere per l’emozione…
Fausto Andi mette tutto se stesso nei suoi vini, tecnicamente impeccabili, forse rustici ma con quel “quid” di più che li rende unici, e che altri non avranno mai.
Un “quid”, senza nome preciso, in ogni caso la via più breve dalla bottiglia al cuore.
Ecco: un vino bello.
Bello perché senza orpelli, bello perché se ne infischia degli eno-dogmi, bello perché fa star bene chi lo beve.
Tutto il resto, è solo “fumus lessicale”.
Da bere a casse.
Il postino 2019 – Soc. agricola Collefloriodo – Pianella (PE)
In mia opinione in assoluto tra i migliori Trebbiano d’Abruzzo mai bevuti.
Amore a prima vista, quello da farfalle che librano nello stomaco, ma anche un putiferio di sensazioni, forse quelle che ancora qualcuno definisce “rustiche” (de che???) dirompenti, a prova di scettico blu.
Trebbiano dalle vigne abbandonate dal vecchio postino del paese che ti fa venire voglia di conoscere chi lo fa, perché di sicuro per fare vini così sarà una bella persona, ma anche un vino che fa meditare su come una certa “enologia scientifica” (non tutta…) è riuscita a distruggere e “chanellizzare” (citazione profumiera…) in Abruzzo anche il Trebbiano.
Le pendu du raisin 2019 – boll
Anche se Stefano Bellotti non è più tra noi, restano i suoi vini.
Se in Italia ora beviamo “naturale” e anche bene, lo dobbiamo molto alla sua tenacia e alle sue idee di onestà e pulizia, germogliate tra cantine e filari, e non solo i suoi.
Pochi voli pindarici e improbabili complessità da“quarto di eno-nobiltà”, il Le pendu du raisin 2019 boll è una amabilissima bolla, forse un po’ candida, ma allettante e dannatamente beverina che te ne scoleresti subito una magnum già prima dell’antipasto.
Un vino che porta l’impronta indelebile di un uomo davvero libero.
Sandrigo – Denis Montanar
Arduo attribuirgli una annata. Denis Montanar, vignaiolo friulano tutto di un pezzo ha un suo personalissimo metodo per “montare le annate”, una sorta di algoritmo poliennale quasi-Solera, ma declinato al fulmicotone che, applicato qui al Friulano, triste nome burocratico appioppato d’ufficio a quel che un tempo era Tocai, crea dal nulla un elettrizzante “botto sensoriale”.
Denso, pieno e beverino, travolge senza pietà ne’ reticenze. Aromatico e minerale, seduce il mare e seduce il cuore di chi lo beve.
Tauma – Azienda Agricola Pettinella – Silvi Marina (TE)
Niente annate, solo vino. Secondo il disciplinare non è un Cerasuolo d’Abruzzo.
Per precisa scelta del produttore è solo un vino rosato. A volte i disciplinari ingabbiano… Per me, l’inarrivabile pietra di paragone del Cerasuolo d’Abruzzo.
Il magico prodigio del Tauma sta nel trasformare in edizione “rosa”, e con grandissima stile, tutto il possente e complesso corredo sensoriale peculiare del Montepulciano.
Anche qui un vino che si interfaccia direttamente con il cuore, e che commuove come pochi altri sanno fare…
Sempre in due azienda agricola Fra i Monti – Terelle (FR)
La sterminata Italia dei vitigni. Ogni tanto spunta uno dimenticato, giusto per solleticare la curiosità…
Maturano, autoctono laziale a bacca bianca della Val di Comino, fino decenni addietro considerato quasi estinto.
Rocco Toti e Benedetto Leone ci hanno scommesso, con forza, tenacia, mani e sudore per ben interpretarlo – hanno vinto!
Giallo quasi arancio al punto giusto, per il lavorio delle bucce.
Al naso sventaglia frutta tropicale, ananas, ma anche un morbido sentore di Mango non del tutto maturo, più pesca e mela annurca, il tutto in giusta sintonia con il palato, avvolgente e birichino per la bella sapidità.
Un gran bel godimento per i sensi, a un prezzaccio che invita a comprane un bancale intero, magari due…
Colombaia Vigna Nuova 2019
Porpora non carico al calice.
All’assaggio, magari alla cieca, sospetti subito che è toscano, e anche sul registro “dell’abbastanza forte”.
In realtà è più leggiadro di quel ci si aspetta da un rosso toscano, almeno quelli classici per come (mal…) li dipinge una verta enologia…
Sangiovese 80% , 3% Colorino il resto non so…
Compiacente carosello di note animali & di cuoio equino, frutta rossa, ribes e lamponi stramaturi, tabacco da fiuto umido e spezie sul balsamico, quasi pepe bianco.
In definitiva, un bel gran bel rosso, che ti riconcilia con… certi rossi.
Magnifica e ottima la beva, ben più strutturata di tanti noiosetti Sangiovese.
Però, un motivo c’è: si chiama colorino, un 3%, di morbidezza (non solo colore…) che marca la differenza e te lo fa voler bene!
Mephisto Canlibero 2019
CanLibero, vecchia conoscenza di Gastrodelirio…
Aglianico, Fiano Falanghina e Trebbiano, vinificati insieme nel Sannio per un colore in calice (rosato) mirabilmente indefinibile, quel colore che mia nonna definiva di “cane che scappa”, e in questo caso, vedi l’etichetta, il paragone calza!
Appena aperto, fa lo scorbutico a naso e palato, giocando con le note di aglianico un po’ acide.
Basta poco, e magicamente il ranocchio diventa principe, con acidità e mineralità a iosa, note floreali e un agrumato quasi citrico da campione, per non parlare poi della beva da campione, con l’alcol ben intrecciato con i terziari, in special modo spezie (pepe e cardamomo) e tostato, apripista a un finale emozionante, niente affatto scontato.
Coume de l’Olla Rouge 2015 – Domaine Matassa
Carignan al 100%.
Rosso “vecchio stile”, carico, per corpo e colore.
Il nome fa un po’ il verso al café de olla, un modo tradizionale di preparare in terracotta il caffè in Messico
Al naso mirtilli, ribes e frutti di bosco balsamici ben intrecciati a sentori di cuoio che, con l’evoluzione, stemperano in suadenti note di tabacco Virginia.
Al palato struttura e avvolgenza ma con misura, con tannini eleganti e ben percepibili, ma non invadenti.
Il finale, lungo & fresco, è tutto un piacevole duetto tra acido e salato, una di quelle tenzoni che si fanno ricordare perché… letteralmente (e piacevolmente) obnubila i sentori di qualsiasi cosa si mangi…
In ogni caso, una certezza ai sensi per piacevolezza e per la beva da campione!
Un cartone basta? classifica di Gastrodelirio dei migliori vini naturali 2021
classifica di Gastrodelirio dei migliori vini naturali del 2021
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?