L’ultima S – La solitudine del frollino a S

Di Stefano Capone

La solitudine non è solo cosa umana

Provate ad abitare un ufficio.

Il malessere è lì, in agguato, sempre.

Subdolo.

Ogni mattina arrivi tranquillo.

Mascherina sulla bocca e sopra gli occhi.

Il disagio consueto.

Zero motivazioni.

Sana insofferenza per i colleghi.

Pessimismo e fastidio ordinari.

La rassicurante sensazione decennale di aver sbagliato lavoro.

Pensando e sperando di superare indenne la giornata, varchi la soglia, confidando quantomeno di limitare i danni emotivi.

Pensando e sperando soprattutto che nessuno decida di festeggiare qualcosa.

E invece no. 

Negli uffici, per qualche strano motivo, ancora ignoto alle leggi dell’umana incomunicabilità, si riesce a festeggiare qualsiasi avvenimento personale.

Anche il più intimo.

Anche gli onomastici, che dovrebbero peraltro essere vietati per legge.

Non so se avete presente un ufficio.

Sì, effettivamente, non tutti ne ricordano la struttura in tempi di smart working.

Comunque, in linea di massima, è un luogo, non ameno, destinato all’attività lavorativa, arredato generalmente male, con una serie di scrivanie stilisticamente incoerenti, disposte lungo le pareti, attaccapanni instabili e insufficienti al numero dei residenti e, badate bene, al centro della stanza la vera agorà della vita impiegatizia: il tavolo riunioni.

Il tavolo riunioni determina inesorabilmente l’andamento della giornata e non certo per le riunioni che ospita.

È la prima cosa che vedo la mattina entrando in ufficio.

O meglio, vedo quello che se ne intuisce.

È luogo di accumulo compulsivo e seriale di qualsiasi oggetto.

Che rimane lì, per sempre.

Sono ancora nello stesso posto, immutevoli, cose che erano su quel tavolo il mio primo giorno di lavoro.

Sono ancora lì, circondate e schiacciate da nuovi oggetti progressivamente dimenticati negli anni.

Le stratificazioni delle cianfrusaglie sul tavolo riunioni sono elementi di pura paleontologia.

Attraverso i fossili si risale all’età dell’ufficio e le usanze locali nelle vaie epoche di colonizzazione.

Ma so, però, che questo tavolo è bianco con una lastra di vetro sopra, perché l’angolo anteriore destro è sempre accuratamente lasciato sgombro e pulito.

È l’angolo dei vassoi da festeggiamento.

Quando si varca la soglia l’occhio cade subito su quell’angolo.

Non c’è il vassoio? Giornata tranquilla.

C’è il vassoio? Si rischia.

Sopracciglio alzato e sorriso d’ordinanza invisibile sotto la mascherina:

Ueh! Cosa si festeggia oggi?”

Mah, ho portato qualcosina io. Oggi è festa padronale sul mio pianerottolo! Stasera c’è anche la banda e i fuochi.

Sbrigate le formalità e gli auguri di circostanza, quel qualcosina innesca in tutti i presenti una serie di interrogativi e ansie che possono condurre su varie strade irte di pericoli.

  • Primo quesito:

Dolce o salato?

  • Secondo quesito:

Acquistato o fatto in casa?

  • Terzo quesito:

lo mangio o non lo mangio?

  • Quarto quesito:

Perché per ogni vassoio c’è sempre una bottiglia della “famosa bibita gassata scura”, una di aranciata e una di thè alla pesca alle 8 di mattina?

Dopo aver tutti traccheggiato per non più di un quarto d’ora intorno al vassoio, fingendo di lavorare e di non avere fame….

Ho appena fatto colazione….si aspetta che il festeggiato o chi è in possesso di delega ufficiale faccia un gesto e, novello Massimo Decimo Meridio, dia il via per scatenare l’inferno.

All’apertura del cartoccio gli interrogativi di cui sopra conducono, nel 90% dei casi, ai dolci acquistati in un forno di bassa lega.

frollino a S

Nella fattispecie i festeggiamenti prendono la forma di pallidi biscotti secchi di varia guisa ma di medesimo sapore.

Ahhh, buoni! Ma dove li hai presi?? si commenta con accorata ipocrisia.

All’apertura però bisogna essere presenti.

In prossimità del vassoio. frollino a S

Non ci si può permettere distrazioni.

La lotta per il biscotto migliore non ha regole.

Nell’ordine si punta a:

  1. bocconotto ripieno al cioccolato

  2. bocconotto ripieno di qualsiasi altra cosa

  3. bacio di dama ( se presente)

Questo è il podio.

Medaglia di legno costante appannaggio del:

  1. mostacciolo al cioccolato.

Poi lo strano caso di un biscotto dall’aroma chimico che può vantare una schiera di appassionati sempre presenti negli uffici (credo vengano assunti con precisi criteri di scelta) e mai sazi del ricurvo dolciume:

  1. la banana

A seguire il variegato mondo delle pastafrolle intinte nel cioccolato:

  1. il cuore

  2. il fiore

  3. il biscotto sovrapposto col buco con in mezzo un velo di crema al cacao o tutt’al più di marmellata quando la fantasia del pasticciere vola alto.

La posizione 8 segna il confine tra chi è presente al momento dell’apertura e i ritardatari che entrano irrimediabilmente in un cono d’ombra a tratti inquietante.

La prima bottiglia gasata è stata aperta a seminare il panico negli stomaci mattutini. 

frollino a S

Il vassoio è ormai campo di battaglia e sul campo restano i reietti, gli ultimi:

  1. Il biscotto di finta pasta di mandorle con sopra quando va bene una finta ciliegia candita, quando va male una pallina candita verde.

     

    Ora, chiedo formalmente su questo blog che escano dall’ombra, senza vergogna, gli appassionati di questo biscotto e della relativa palla candita.

    Non ne ho mai conosciuto uno.

    Sarebbe bello! 

  2. Comunque, la fame chimica di qualche collega, non disdegna sul finire della mattinata di ingurgitare questa cosa.

    Pura fantascienza invece trovarsi di fronte ai:

  3. Biscotti informi con glassa multicolore, blu, verde, gialla, rossa.

    Tripudio di colori e di orrori utilizzati unicamente come ristoro per i succhi gastrici.

Il vassoio oramai è un giaciglio di briciole e solitudine.

La sua solitudine.

L’ultimo degli ultimi.

Un biscotto, un perché.

Il biscotto a forma di S.

frollino a S

La festa è finita.

Le bibite sono sgasate.

Lui è lì.

Solo.

In cerca di conforto.

Di una papilla amica.

Niente.

Questo serpentone svuota sac a poche pallido e ricoperto di cadente zucchero semolato resta lì giorni, anche settimane.

Di notte.

Nei weekend.

frollino a S

Anche le bibite calde e sgasate trovano dopo giorni qualche appassionato.

Addirittura il the alla pesca.

Un po’ mi dispiace.

Mi immedesimo.

frollino a S

C’è empatia tra me e lui.

Ma non lo mangio.

Lo osservo.

Mi intristisco.

Ma non lo mangio.

Ogni mattina è lì.

Solo.

Finché il destino si compie per fare spazio a un nuovo vassoio, a una nuova ricorrenza e a un nuovo inconsolabile frollino a S

Auguri…

2 commenti su “L’ultima S – La solitudine del frollino a S”

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