Cantina Giardino – Piccolo viaggio in Irpinia

Cantina Giardino – Piccolo viaggio in Irpinia
Di Fabio Riccio


 

Cantina Giardino Ariano Irpino Paski 2011 Coda di Volpe
Premetto che di cantine (forma scorretta per indicare le aziende dove si trasforma l’uva in vino – ma azienda è termine che non mi gusta) ne ho visitate molte, piccole e grandi.

Negli ultimi anni, ho però notato che tante, ma davvero tante cantine, esteticamente (e non solo) sono cambiate, molto.

Da luoghi di “servizio” con una certa aura romantica, si sono trasformate in posti sempre più eleganti, sempre più “firmati” da architetti famosi, sempre più glamour e, lasciatemelo dire, radical chic…

Insomma cantine sempre più asettiche e vagamente ospedaliere – belle si’, ma senza anima…

Va bene che l’igiene è un paletto assolutamente non valicabile, ma tramutare un luogo dove si fa’ il vino, in un ibrido tra la una “maison parigina di moda” e una sala operatoria, mi sembra troppo.

Non parliamo poi dell’eccesso di tecnologia di certe cantine, davvero fuori misura. Si vedono in giro cose che avrebbero fatto rabbrividire il buon Mario Soldati, difensore ante litteram del vino artigianale.

No, cari signori, non ci siamo!

Rivoglio le cantine di una volta, magari con gli standard di igiene attuali, ma con la giusta anima, e pochi fronzoli “firmati” da enofighetti.

Le cantine sono luoghi dove si lavora, ma anche luoghi dove si celebra ogni autunno l’ancestrale magia che fa’ si che il succo d’uva fermentato, si trasformi in quella bevanda che noi gastrodeliranti (e non…) tanto amiamo: il vino. Stop.

Dopo questo (non) necessario preambolo, c’è da dire che la mia breve visita alla Cantina Giardino di Ariano Irpino, è stata una bella esperienza.


Di questa cantina, e di un vino in particolare, su questo sito ne ha già scritto il bravo Riccardo Ferrante vedi – https://www.gastrodelirio.it/riccardo-ferrante/cantina-giardino-ariano-irpino-paski-2011-coda-di-volpe/2013/09/
Dicevamo quindi… visitare la Cantina Giardino di Ariano Irpino (AV)

Beh… è stato uno dei rari casi dove ho avvisato della mia visita, ma solo per mere ragioni logistiche (la distanza sconsiglia la classica passeggiata d’emblée, e nel periodo della vendemmia chi lavora in cantina a dir poco è impegnatissimo).

Insomma, eravamo attesi.
Qualche difficoltà per trovare il luogo (per scelta non ci sono cartelli), e al termine di una ripidissima salita che mette a dura prova la mia “supercar” ormai maggiorenne, arriviamo alla nostra meta.

cantina giardinoAd attenderci Daniela di Gruttola che da subito ci mette a nostro agio.


La cantina (definizione ancor più impropria in questo caso) è una serie di semplici locali, letteralmente ingombri in ogni dove – un posto dove si lavora, appunto.

Daniela, racconta fin da subito della vendemmia del Greco appena terminata.
«Come sempre siamo stati gli ultimi a farla! – ci dice con malcelato orgoglio. Però, questa annata come quantità è ancora più scarsa di quelle precedenti, già magre… il clima bizzarro non ci ha aiutati»

Intanto, con Daniela, gironzoliamo tra tini, botti e tutto l’ambaradan che in una cantina VERA ci deve essere.

C’è odore di legno, c’è odore di vino, c’è odore di vero.cantina giardino

Quello che subito balza all’occhio, è la mancanza di quella parossistica ricerca di tecnologia “ad ogni costo” che caratterizza tante cantine, diciamo… “alla moda”.

Niente diavolerie esoteriche per trattare e “modificare” l’uva – solo qualche macerazione “a freddo” con ghiaccio secco, e il recupero della macerazione in anfora (autoprodotta!).

Oltre questo, c’è solo il gran “mestiere” e l’esperienza di chi fa’ il vino. Moderna per sapere, antica per le emozioni.

In questa cantina si nota bene che prima di tutto c’è un approccio emozionale e non rigidamente “tecnico” al vino – in mia opinione, questo è il vero plus di un bravo produttore.

Tanti contenitori, legno, cemento, acciaio… e poi solo il vetro delle bottiglie vuote o già riempite, pronte per essere spedite in ogni dove… Una cantina – semplicemente una cantina, ma una di quelle vere.

Per questo siamo qui (e non altrove), non per caso…

Due parole sulla storia della cantina anche se in rete il lettore più attento può trovare in rete tanto e tanto materiale a disposizione…

cantina giardino

La Cantina Giardino in realtà, è parte di un più articolato progetto che guarda lontano. Partita come “autoproduzione da garage” per amici, pian pianino è cresciuta, non solo qualitativamente, ritagliandosi il suo spicchio di mercato e producendo reddito, principalmente con l’esportazione.

Nemo propheta in patria…

Speriamo che l’ingresso della Cantina Giardino nella scuderia del bravo distributore Sarfati sia di aiuto per farla conoscere meglio in patria.

Valorizzare i vitigni autoctoni, e nello specifico, i vini ottenuti da vigne vecchie di oltre 30 anni.

La “mission” si prefigge (riuscendoci) è quella di preservare la diversità biologica dei vigneti, semplicemente incentivando i vignaioli della zona ad non espiantare le viti più vecchie di Aglianico d’Irpinia, Fiano, Greco, Coda di Volpe bianca e rossa.

I vini prodotti, provengono solo da vigneti “in biologico” ed in cantina chiarificazioni, filtrazioni, lieviti non autoctoni e altre diavolerie da novello alchimista sono bandite per principio.

I bianchi della cantina giardino fanno macerazioni lunghe, quasi da rosso, ragion per cui le peculiarità nelle qualità organolettiche si fanno subito sentire, eccome, spiazzando (gusto e olfatto) e facendo gridare da subito “difetto difetto!!” chi non è preparato a questa tipologia di vini.

Chi è abituato a “vini fotocopia” da cantina snob, alias certi “soloni” in cattiva fede, è sempre pronto a sparare a zero su chi cerca di produrre vino rifacendosi allo sfumato e ancora non ben definito (e… per fortuna!) mondo del “naturale”.

Ma poi, (come già scritto in altri post) – un po’ ossidazione, un tocco di più di volatile, un fondo di ridotto… siamo proprio sicuri che sono da considerare davvero difetti?

Possibile che si debba trasformare per forza il vino in una cosa perfetta dai sentori e gusti tranquillizzanti per il consumatore – quindi senza anima – oppure, come per tante altre cose, non è che sono i difetti (in piccole dosi) a rendere il tutto più interessante e godibile?

Aggiungiamo anche che ci sono ancora fior di degustatori (affermati e non) del settore che si ostinano a refrigerare oltre il dovuto questi vini bianchi… chiamiamoli “macerati”, ed ecco che a bottiglia appena stappata partono in automatico gli strepiti di lesa maestà enologica, e inviti all’uso del lavandino.

Stesso discorso o quasi per i rossi della cantina giardino.

cantina giardinoLa mancanza di filtrazione, e non solo, ma anche il lavorare con il minimo necessario di intervento in fase di vinificazione, e l’assenza di sostanze aggiunte, spiazzano un certo tipo di enologia, ma anche di consumatori.
Non il sottoscritto, anzi…

Una volta terminata la visita e le spiegazioni della brava Daniela di Gruttola, sempre entusiasta e lieta di far conoscere meglio il progetto della cantina, ecco che arriva il deus ex machina della Cantina Giardino, vale a dire Antonio di Gruttola.

Un personaggio. Un personaggio che viene da lontano… c’è poco da dire.
L’accoglienza è semplice, ma eloquente.

Sul semplice tavolo da lavoro, ci attendono pane e olio, e una buonissima farinata. Cibi simbolici, senza dubbio, ma anche degnissimo accompagnamento per i vini.

Si stappa qualche bottiglia, la si degusta con tranquillità chiacchierando di varia umanità, seduti semplicemente su cassette e scalette di legno.

Si sta bene, è bello, mi sento a mio agio – il tempo si dilata…

Quanto sono lontane le (scomode) sedie di design di certe cantine, e certe signore sommelliers in impeccabili divise, che mai e poi mai poserebbero i loro preziosi fondoschiena sul legno di una casetta, per ripetere sempre le stesse frasi (fatte) per ogni vino che assaggiano, magari (o quasi sicuramente) sputandolo… sia mai che diventano un po’ più allegre…

I vini

  • L’Adam 2008 è un Greco. A parte il colore ambrato, mille miglia lontano da altri greco “di moda”, da subito scompiglia naso e palato per la sua complessità, ma si fa’ anche voler bene per la sua freschezza. Si sente la fermentazione sulle bucce, e l’affinamento “lungo” sui lieviti. Emozionante…
  • Il Sophia 2012 è un Fiano, ma più d’uno non ci crederebbe. Un vino che sembra fatto per disorientare gli enosaccenti di provincia, che di sicuro lo troverebbero “ossidato”. Invece, è semplicemente un vino “ancestrale”. Il Sophia sta sulle bucce un bel po’ – si vede e si sente. Pochi minuti nel calice, e i cambiamenti diventano tumultuosi. Agrumoso e salino, tannico non poco, ma anche sapido e floreale. C’è tutto in questa bottiglia, c’è l’anima del territorio, ma anche l’anima di chi lo fa’ – senza compromessi e senza mistificazioni. Prendere o lasciare… io prendo.
  • Il T’ara rà 2011 è anche lui un greco. Un attimo meno estremo dell’Adam, ma anche lui fuori dal coro, visto che nasce come fosse un rosso… al naso dona dolcemente agrumi maturi, scorza di arancia candita da pastiera, e un che’ di prugne secche e noci. Minerale quanto basta, in bocca è sapido e armonico, malgrado il gran corpo. Trovargli difetti è impresa ardua, se non impossibile…
  • Il Nude 2006 è un aglianico in purezza. Poco da dire per un vino che trovo una delle migliori (se non la migliore in assoluto) interpretazioni di questo vitigno mai provate. Tralasciando colore e altre cose, quello che più rimane impresso è la personalità multiforme di tutto l’assieme. Forza al naso e al palato, naturalmente seducente, forse anche un po’ ruffiano… ma è bello così…

Ormai si è fatto tardi, nonostante si stia bene, e visto che gli assaggi hanno anche cantina giardinofatto da validi “lubrificatori sociali”, dobbiamo però andar via – per cena siamo attesi altrove…

Compriamo qualche bottiglia, e una precedentemente stappata per assaggiarla, ci viene offerta per portarcela dove saremo a cena.

Rimaniamo un attimo perplessi su questo.

«Niente paura dice Daniela – qui da noi in Irpinia ancora si usa far questo, state tranquilli!»

Ripenso a Franco Arminio della non lontana Bisaccia e alla sua scienza: la paesologia.

Ripenso al Vinicio Capossella Bardo dell’appenino e alla sua Banda della posta.

Ripenso a Paolo Rumiz un mitteleuropeo triestino, dall’animo sensibile che ha capito e carpito il cuore e l’anima di questa zona.

Fare vino non è “scienza”, come strombazza qualche eno-saccente di periferia. Fare vino è prima di tutto realizzare un sogno, un coacervo di emozioni da condividere con gli altri. Quegli stessi altri, che però hanno il cuore sintonizzato sulla medesima lunghezza d’onda.

Io al rumore, preferisco sempre quei lunghi attimi di silenzio di fronte a un calice che viene offerto.

E’ questa la mia lunghezza d’onda.


Cantina Giardino
Contrada Petrara, 21/B, 83031  – Ariano Irpino (AV)
Telefono: 0825 873084

7 commenti su “Cantina Giardino – Piccolo viaggio in Irpinia”

  1. Leggo solo ora di questo articolo su questa piccola e validissima cantina.
    Non posso che accodarmi a tutti quelli che ne parlano bene, nonostante sia davvero di “nicchia”. Sono vini da “emozioni forti”, ma incredibilmente amabili, quasi una quadratura del cerchio.
    Bravi!

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  2. E’ inutile stare qui a discutere di questa cantina… è talmente troppo fuori dal coro, che non si può incasellarla.
    Rimane però un fatto incontrovertibile che è quello dell’estremo fascino di questi vini. Peccato che siano di difficile reperibilità, li ho assaggiati in alcuni ristoranti e ne sono rimasto letteralmente folgorato!
    Come giustamente scrive l’autore, per capire e apprezzare vini come questi, bisogna buttare alle ortiche i tecnicismi da “iniziati” e fighetti vari per concentrarsi sull’aspetto (lasciatemi il termine) umano di un vino. Ma ve lo immaginate voi in una cantina come questa, uno che con divisa e tastevin si presenta e inizia a dire paroloni per iniziati? Mi sa che lo buttano fuori.

    P.S. – per quelli che gestiscono e scrivono sul sito: continuate così, non omologatevi al vino per signorine scè scè o per i compagni ricchi che degustano (solo…) a Cortina sotto la neve!

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  3. Poco da aggiungere sulla bravura e qualità di questa piccola-grande cantina… L’articolo la fotografa bene. Spero solo che la distribuzione e la vendita trovino uno scossone che permetta una migliore visibilità e presenza.
    Saluti,

    Michele

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  4. Allora… chi ne capisce almeno un pochino di vino, e non ha la lingua coperta di cuoio (per usare un eufemismo) deve per forza ammettere che pur con i dovuti distinguo, i vino della cantina giardino sono un qualcosa di molto particolare ma in ogni caso dei piccoli monumenti a cosa dovrebbe essere e FARE l’enologia.
    Sul fatto che trovare queste bottiglie è veramente una impresa quasi da Indiana Jones sono concorde.
    Ho letto qui che Sarfati ha iniziato a farle girare… speriamo davvero che con un nome come quello di sarfati, e la sua rete di distribuzione di trovare i Vini di Antonio di Gruttola più spesso per ristoranti e enoteche, e non solo per fiere e manifestazioni.

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  5. Grandi vini, grande cantina e grande Antonio. Lo definirei un “poeta del vino”.
    Il problema come ha scritto @ferdinando nel precedente commento, è la reperibilità di questi grandissimi vini, specialmente se confrontata con gli attestati di stima di gran parte della critica specializzata che porta la cantina giardi in palmo di mano (salvo qualche detrattore per partito preso…

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  6. Ho letto da poco questo articolo, e vorrei fare qualche piccola considerazione.
    Conosco molto bene La Cantina Giardino, e Antonio di Gruttola che considero uno dei personaggi più importanti di tutto il mondo enologico nazionale.
    L’articolo di Fabio Riccio, nonostante delle belle divagazioni che definirei “emotive”, tra le altre cose ha però il pregio di mettere (anche se di sfuggita) il dito sulla piaga.
    Voglio dire, la cantina giardino a livello di critica, fiere, esibizioni e “nomea” nel mondo del vino Nazionale miete successi e riconoscimenti a man bassa (basta fare un giro sul web per rendersene conto), ma… tutta questa visibilità, e la “buona nominata” non si traducono in una presenza di questi (eccezionali!) vini sul mercato chiamiamolo “normale”.
    Anche nella stessa campania, fatto salvo alcune enoteche di nicchia e qualche ristoratore più avveduto, questi vini sono letteralmente invisibili.
    Stesso discorso nella capitale.
    Ci sono pizzerie un po “tirate” come target che hanno ottimi vini in carta, magari anche più costosi di questi della cantina girdino, allora… perchè qualcuno dei tanti nomi del giornalismo enogastronomico “a la page” che sinceramente apprezzano e scrivono bene di questi vini, non spieg a a questi signori pizzaiuli cosa hanno a disposizione a pochi passi da casa?
    Stesso discorso per i ristoranti… anzi. lì è peggio: anche a pochi km da Ariano è difficile trovarli in carta salvo qualche lodevole eccezione…
    Davvero nessuno è profeta in patria?

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    • Conosco e apprezzo i vini della cantina Giardino sin dal loro primo apparire “sul mercato”.
      Vini che scaldano il cuore e scatenano ricordi, specialmente per quelli che come il sottoscritto hanno i capelli bianchi già da parecchi anni, e ricordano ancora quando il vino sapeva veramente di vino… è un peccato però come ha scritto il sig. Ferdinando che nonostante i premi, le lodi della critica e la presenza in tante manifestazioni, anche in Irpinia trovare dove acquistare questi vini non è poi impresa facile.

      Rispondi

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