Apoteosi della scarpetta – due parole su un rito tutto Italiano

Monsignor Giovanni della Casa inorridirebbe.

Monsignor Giovanni della casa – autore del Galateo overo de’ costumi

Si, lo confesso: sono uno strenuo difensore della liceità della scarpetta, ovunque e dovunque, anche nelle occasioni più formali!

La scarpetta è un momento di puro godimento sensoriale fuori da ogni qualsivoglia schema.

La scarpetta non ha regole.

La Scarpetta è liberatoria…

Apoteosi della scarpetta mano con smalto e sugo di pomodoro

Curiosamente, nell’italiano “ufficiale”il termine scarpetta è entrato solo nel 1987, anno in cui per la prima volta appare in un dizionario.

Per il vocabolario Treccani, scarpetta vuol dire:

raccogliere il sugo rimasto nel piatto passandovi un pezzetto di pane infilzato nella forchetta, o più comunemente tenuto tra le dita”.

Stando al galateo invece, è una deleteria abitudine a tavola, anzi, è chiaro sinonimo di cafonaggine e, c’è perfino qualcuno che la trova nociva per la salute (?!).

Stiamo scherzando?

Apoteosi della scarpetta piatto con salsa

Senza scomodare il preciso etimo del termine, forse una “metafora” che accosta la scarpa che si indossa al pane che passa nel piatto, pare coniato a Napoli, ma ormai nel lessico comune a livello nazionale, sono un convinto assertore della scarpetta come atto di omaggio allo chef, o come più spesso accade nei ristoranti di “rango”, al suo capopartita addetto ai condimenti.

Si: se il condimento di un piatto mi ha particolarmente impressionato, cosa che non capita così di frequente, non mi faccio problemi e metto mano al canonico pezzetto di pane che restituisce il piatto pulito (quasi) come appena uscito dalla lavastoviglie, e questo sia nelle trattorie “alla buona”, sia nei locali più importanti.

Confesso anche di aver fatto ben più di una scarpetta perfino in alcuni tristellati! 

Apoteosi della scarpetta piastrella di ©Napolimania

La scarpetta non ha e non deve avere particolari regole, si esegue secondo l’estro del momento, cercando solo di evitare rumori molesti per i vicini di tavolo, magari se si è schifiltosi e si usa la forchetta al posto delle mani per il pane.

Il pane.

Ecco, l’unica discriminante nella scarpetta è il tipo di pane.

La scarpetta non si fa con un pane qualsiasi. 

Prima di incaricare il vostro tocco di pane di rimuovere i resti del condimento dal piatto, ragionateci un attimo.

Se il pane in tavola è particolarmente saporito o aromatizzato, la mossa può essere azzardata se non rovinosa. 

Indi… prima di officiare il “rito della scarpetta”, provate ad immaginare quale potrà essere ai sensi il connubio sapore del pane/condimento.

Visto che in giro ci sono pani aromatizzati di tutto un po’, il rischio di un ingorgo gustativo tra il sentore dei resti del condimento e i sentori del pane è alto, tenetene conto.

Se poi non volete rischiare, e la vostra scarpetta è solo per raccogliere ogni più microscopica molecola del condimento che tanto vi è piaciuto, fate finta di stare in Toscana e chiedete del pane sciocco, cioè senza ne’ sale ne’ altro…

E’ semplicemente perfetto per una scarpetta degna del nome!

Ah… Maledetti Toscani! 

2 commenti su “Apoteosi della scarpetta – due parole su un rito tutto Italiano”

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