Basta con i macerati!
Sbirciando tra gli scaffali non c’è più cantina, produttore, persino qualche (benemerita) cantina cooperativa, senza in listino un bianco macerato, o orange che dir si voglia.
Prima o poi vedremo qualche orange anche nei nei brick cartonati al supermercato.
L’arancione in calice… la nuova frontiera enologica, alias… nuova moda.
Tuttavia, e senza andar troppo indietro nel tempo, tanti bianchi “del contadino” erano già belli che arancioni.
Erano così, e nessuno ci trovava niente di strano.
Poi, l’arancione in calice che per i bianchi nei secoli è stata la norma, a un certo punto ha assunto una connotazione negativa, e vai così con i bianchi anemici che paiono quasi solo acqua & alcol…
Corsi & ricorsi delle tendenze…
Invece, nel nuovo millennio con i macerati provano ogni vitigno, magari anche quelli che dopo sei anni sulle bucce a stento tirano in calice un giallognolo scialbo…
Robette quasi sempre a dir poco squilibrate, cromaticamente arancioni si, ma con il medesimo spettro sensoriale dell’acqua distillata…
Eppure, la lezione dei pionieri come il grande Giulio Armani o il compianto Stefano Bellotti (e altri) è chiara: nelle bucce c’è tanto, usiamole bene.
Ed è proprio in quest’ottica, che mi porta ad amare SOLO certi macerati, che voglio segnalare una (mia…) “new entry” nel ristretto sodalizio di quei produttori che i macerati li fanno perbenino.
Accamilla 2019 Camerlengo
Basilicata, zona vulture.
Uve: Malvasia di Rapolla 80%, Cingoli e Santa Sofia (20%), in certi casi avanti come maturazione.
Per la cronaca il Santa Sofia, vitigno bianco affine al più noto Fiano, da non molto ammesso nel registro nazionale, è storicamente diffuso anche in Cilento.
In vigna e cantina pur senza certificazioni, si lavora pulito, e le uve restano a macerare sulle bucce per 2 – 3 settimane in tini di castagno per estrarre tutto quel che occorre, poi un giro di danza in vecchi tonneaux di rovere francese, nessuna filtrazione, e poi via nel vetro!
Fine.
Tutto qui…
A dispetto della linearità di tutto il processo di vinificazione, all’assaggio il corredo sensoriale del Accamilla 2019 Camerlego è decisamente da primo della classe.
Il colore che logicamente rispetta la tipologia, è un bell’arancio abbastanza carico, mentre al naso, insieme alle note minerali che ben si intrecciano con l’ordito citrico-agrumoso, la fanno da padrone sentori di albicocca matura, erbe estive e un piacevole quid salmastro.
Con l’evoluzione il corredo olfattivo si arricchisce, e l’apoteosi arriva con un ammaliante indizio di tabacco Virginia che, insieme a un quasi sulfureo che ricorda certe pietre salmastre da spiaggia, chiude piacevolmente il cerchio.
Al palato, il Accamilla 2019 Camerlego si dimostra una piccola e piacevole bomba di sapidità, ma anche di morbido e avvolgente, e con una chiara astringenza dai tannini… (nelle bucce c’è davvero tanto eh!).
Indi, bel finale, persistente, godereccio e gastrodelirante, visto che neanche la prima bottiglia è finita e già pensi alla seconda…
In definitiva, un vino di “facile beva” ma nella connotazione altamente positiva del termine, in ogni caso da berne a secchiate intere!