The devil in the kitchen la Vita dannata di uno chef stellato

Di Serena Manzoni,

Un cavallo al galoppo.

Verrebbe da dire imbizzarrito, ma non lo è. The devil in the kitchen La vita dannata

Corre, forte come il vento e inesorabile, muscoli poderosi e giovani verso un obiettivo preciso, davanti al suo sguardo di bragia, criniera al vento e un punto all’orizzonte verso cui va deciso: le tre stelle Michelin!

Un libro che non deve mancare nella vostra piccola biblioteca gastrodelirante è l’utobiografia di Marco Pierre White, tradotta e pubblicata in Italia da Giunti Editore: The devil in the kitchen la Vita dannata di uno chef stellato.

The devil in the kitchen la Vita dannata copertina

Avrete la sensazione di salire su una giostra da cui non potete scendere, di essere su quel cavallo in corsa malgrado lui, febbricitante e disciplinato, giovane, bellissimo e molto rock, ma sarebbe meglio dire punk…

Si parte dall’infanzia a Leeds e soprattutto si parte dalla perdita precoce della madre, momento che ritorna più volte nel racconto della vita di uno dei primi cuochi poi diventati vere e proprie celebrità, quando ancora tutto stava per cominciare.

Stupisce la concomitanza di un carattere irruento da vera e propria testa calda amante delle care vecchie scazzottate, con la disciplina ferrea della cucina che mira alla perfezione, dove non si può transigere perché non bisogna assolutamente tralasciare nulla.

La parte più interessante del libro, la più avvincente, è sicuramente quella in cui il nostro eroe inizia a prendere sicurezza di sé, dopo una gavetta ostinata e stellata. Marco Pierre White lavora come un matto, prova e riprova, dimagrisce, lo stress raggiunge il parossismo e la sua cucina diventa sempre più quella che lo porterà all’ambito risultato di essere il più giovane chef britannico che abbia preso le tre stelle Michelin.

The devil in the kitchen la Vita dannata michelin

Il massimo, prima di ritirarsi e diventare ristoratore, imprenditore in altre parole.

La Londra del punk, ma non solo. La Londra che spende e si diverte.

Marco Pierre White è ribelle e inflessibile, caccia dai suoi ristoranti chi si comporta in modi che non si confanno agli stessi, chi non rispetta la sua cucina, il suo lavoro e dei suoi. I nomi delle sue brigate sono nomi che diventeranno famosi (Gordon Ramsay, Blumenthal del Fat Duck solo per citarne alcuni), il suo atteggiamento è quasi tirannico, parole e gesti forti per chi sgarra, nessuna pietà insomma…ma non c’è tempo, la cucina di un ristorante pluristellato non si può permettere la lentezza della gentilezza e delle spiegazioni posate.

La parola d’ordine è quella di sfoltire, rivedere e alleggerire, reinventare togliendo, il tutto partendo dalla cucina francese, senza essere mai stato a Parigi o in Francia. The devil in the kitchen La vita dannata

I piatti nascono come disegni, l’immaginazione serve a visualizzare quello che vuoi ottenere, per poi raggiungerlo con precisione e maestria da artigiano. L’altro mantra è quello del rispetto della natura, che, di per sé, è già perfetta: la cucina, con la sua tecnica, sembra vere il preciso dovere di valorizzarla.

Nascita di una star, Marco Pierre White fa parlare di sé, delle sue intemperanze e dei suoi matrimoni, delle sue marachelle. Ma sta sempre e fermamente in cucina.

Dopo aver abbandonato i fornelli, arriverà alla televisione, ma ci tiene a ribadirlo, solo dopo aver chiuso la porta della cucina.

Più volte insiste e fermamente la convinzione che lo chef di un ristorante stellato debba trovarsi dietro il passe, in trincea, che una brigata per quanto ben rodata, non possa sostituire la presenza carnale dello chef : “per come la vedo io, se qualcuno paga cifre esorbitanti per assaggiare il tuo cibo, nel tuo ristorante, hai il preciso dovere di restare in cucina”.

La cosa curiosa è che, terminata la lettura del libro, più che di mangiare, avrete una gran voglia di cucinare…


The devil in the kitchen

La vita dannata di uno chef stellato
Giunti Editore, 2017

The devil in the kitchen La vita dannata

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