Analisi estrema del dolore e del disgusto
Di Serena Manzoni,
Negli ultimi tempi devo ammettere che mi mancano un po’ gli argomenti… nessuna avventura gastrodelirante, nessuna esperienza ristoratoria degna di particolare nota, nessun nuovo pesce da imparare a sventrare e pulire… ho deciso allora di dedicarmi a un argomento inusuale ma decisamente interessante per i suoi risvolti: la cipolla!
Tra le varie virtù dell’umile cipolla ve ne è una insolita e inaspettata ovvero quella di poter essere un elemento fondamentale di un’opera d’arte… l’arte contemporanea ci ha insegnato che gli strumenti del fare arte non sono soltanto colori e pennelli, ma anche il corpo, le azioni, gli oggetti comuni e perché no la cipolla. Quella di cui vi sto parlando è una performance della notissima Marina Abramovic, documentata con un video in cui si vede l’artista mangiare una cipolla cruda.
A grossi morsi sofferti e tenaci, con il volto che si deforma in spasimi di dolore e ribrezzo, accompagnati dalla volontà masochista di continuare, con gli occhi che diventano una maschera di lacrime più evidenti nel succo che cola dalla bocca che cerca di scacciare pezzi dell’ortaggio che lei riporta ostinatamente dentro.
Analisi estrema del dolore e del disgusto, ingoiato strato per strato, portato letteralmente dentro trasformato in una metafora catartica: metafora che possiamo osservare con la stessa ostinazione con cui la Abramovic consuma il suo pasto.
Cibo usato come simbolo: vengono in mente espressioni come quella di mangiare pane e cipolle per indicare stati di indigenza e in generale la fame, il non avere nulla di cui cibarsi. Ma viene in mente anche la banale reazione alla cipolla, quando la si taglia da cruda, ovvero le lacrime, l’irritazione degli occhi che diventa un’irritazione più grande, archetipica.
Il corpo dell’artista è l’altro strumento per questa opera: un corpo esposto, messo alla prova, uno strumento che rivela gli effetti di cause estreme, come questo pasto crudele o altre forme di aggressione del corpo a cui ci ha abituati la body art.
Di solito noi di gastrodelirio offriamo un’immagine più leggera e gioiosa dell’atto di cibarsi, ma mi piaceva l’idea di indagare come il cibo sia entrato nell’arte contemporanea e mi sono imbattuta in questa performance. Mi piace l’efficacia delle azioni di Marina Abramovic, il suo coraggio, il suo esporsi. Come potete immaginare non è l’unica artista contemporanea che in qualche modo ha utilizzato il cibo e l’atto di mangiare nelle sue opere, ma mi piaceva iniziare con lei e continuare con altre puntate sull’arte, qui su Gastrodelirio.
Serena Manzoni
Però….
Cari autori gastrodelirio, voi “volate” molto, molto in alto, ve ne rendete conto?
Meno male
Parlare di Marina Abramovic e del suo mangiare cipolle, disgustandosene, non è da blog di cibo e cucina, e non fa numeri ne’ sul web ne’ sulla carta stampata, ma è bello e interessante, e si distacca dal piattume marchettaro di tanti siti di gastronomia e similari.
Ma mangiare cipolle in video, e come auto-installazione trasformandosi in opera d’arte, è sensazione sis-godimento allo stato puro.
Una genialata!
Continuate così, c’è bisogno di qualche boccone di aria pulita in questo campo del web-food Italiano
Un Grazie a Fabio per avermi fatto conoscere a Milano durante il concorso di Luigi Cremona questo meraviglioso sito!
Un grazie a Serena per questo bell’articolo!
Vi seguirò, promesso!
Mi unisco alla piccola discussione scaturita da questo breve ma significativo articolo pescato casualmente sul web.
Il disgusto logicamente è antitetico al gusto.
Ma è significativo notare il diverso modo di esprimerlo e renderlo tangibile.
Il “gusto” a volte lo esprimiamo e spesso enfatizziamo anche per convenienza e piaggeria, vale a dire per non scontentare il cuoco che a fine pasto ci chiede come abbiamo mangiato…
Per il disgusto le cose cambiano: se è ancora su livelli tollerabili si finge quanto basta.
Se il disgusto è forte ecco che arriva l’impossubilitá di nasconderlo: ed ecco che anche noi diventiamo parte attiva e comunicante della sensazione.
Ne consegue… Che il gusto talvolta è pura finzione o convenienza, mentre il disgusto, non mediato come qui nella cipolla è vero.
Considerazioni e seghe mentali a parte complimenti per tutto il lavoro del sito e dei suoi autori.
Siete molto diversi, e cercate di rimanere così.
Mi associo.
Il disgusto è parte del gusto…
Il problema è che se non lo si sbatte in faccia, lo ignoriamo, volutamente.
Parlare di arte & cibo lontani da tutte le fregnacce televisive e di moda?
Si, perchè no, basta avere il coraggio di farlo – come qui – ecco un bell’esempio di cosa significa ragionare eludendo la banalità.
Bell’articolo, complimenti!
Molto ma molto interessante leggere su un sito di gastronomia e vino considerazioni di questo genere.
Conosco le opere e le performance di Marina Abramovic, la trovo geniale, ma anche terribile come un coltello nella piaga.
Altra “rarità” è la intelligente analisi di questo breve pezzo, assolutamente non verbosa e non cattedratica.
Si può parlare e ragionare di cibo, e di cosa è realmente un sapore senza per forza essere banali e spettacolari
Caso davvero raro leggere in rete cose di questo genere…
Caso raro trovare un sito così “cattivo”, rompianima e fuori dal coro, almeno in questo campo dove il buonismo e la spettacolarità dominano incontrastati.
Tenete duro, non cedete alla banalità.
Saluti,
Finalmente un sito che non mette solo piatti in primo piano, ma ragiona, polemizza, discute di cibo e di gusto in maniera abbastanza colta e non sensazionalistica.
Complimenti per l’articolo, per la corretta amamnesi del disgusto (anche il disgusto, è in senso lato “gusto”) ma anche per tutto il tenore del sito.