Alzi la mano chi ha comprato una bottiglia di vino solo perché l’etichetta gli piaceva.
Ora, alzi la mano chi non ha comprato una bottiglia di vino solo perché l’etichetta non gli piaceva.
Sugli scaffali, nelle vetrine, sul web… è l’etichetta il trait d’union tra consumatore e produttore.
L’etichetta cattura l’attenzione, lancia messaggi
Molti vini sono familiari anche a chi non li ha mai bevuti per le indovinate etichette, non per l’intrinseco valore qualitativo. Estetica delle etichette del vino
Etichette che dovrebbero evocare e raccontare la storia che c’è dietro un vino, però, in troppi casi, finiscono solo per raccontare la storia di quel che si vuol far credere che c’è dietro il vino.
Buono perchè lo conosco, lo conosco perchè buono.
Schema che funziona anche per i “vini naturali”, non più moda effimera, ma qualcosa di strutturale nel mondo del vino.
Un po’ per marcare la “differenza”, un po’ per seguire il trend, molte (non tutte eh…) aziende votate al “naturale” per le loro etichette hanno adottato un preciso modello estetico, aiutate in questo da bravi professionisti esperti nel creare “il brand”.
Così, tralasciando le “storiche” (es. Emidio Pepe, Valentini e altri), amabilmente démodé,
Quelle più o meno essenziali (Pettinella, Magnoni, Viglione, Perrino etc etc) e quelle “classicheggianti”
Buona parte delle etichette “naturali” adottano un modello estetico che tra fantasia, profusione di colori, simpatiche trovate grafiche e magari con il “plus” di caratteri da scrittura manuale, lancia un preciso e rassicurante messaggio a una certa fascia di consumatori, cioè… che il vino è buono perchè “naturale”.
Cosa non sempre vera, purtroppo, ma questa è faccenda diversa.
L’estetica crea il fenomeno, o il fenomeno crea l’estetica a scapito del contenuto?
Da qualche anno però il genius loci delle etichette dei “naturali” pare sfuggito dal recinto.
Anni addietro, le etichette “burlone” alla maniera di Frantz Saumon,
quelle ispirate da Rodčenko di Axel Prüfer,
o restando in Italia quelle della Agricola fra i Monti (una al giorno su tutte!)
e.. quelle morettiano-vespistiche” di Indigeno, erano un chiaro messaggio di “naturalità”.
Ora non più.
Come nel comparto birra, dove la risposta dei birrifici industriali alla crescita del magmatico mondo dei birrifici artigianali è stata il trasformare in valore aggiunto la “non filtrazione” (sic!) e altre presunte artigianalità per veicolare ai consumatori un messaggio di naturalità & rusticità, anche nel mondo del “vino convenzionale” cresce la tendenza delle etichette che fanno “il verso” a quelle di certi naturali, per spacciare discutibili e modesti Bio industriali ad altissima tiratura per “naturali”. Estetica delle etichette del vino.
Così, quasi quasi inizio a rimpiangere quelle sognanti etichette con illogici riferimenti a personaggi storici che a detta degli anonimi estensori già millenni addietro tracannavano il tal vino.
Si: proprio quelle con annesso pistolotto poetico a corredo, molto più “oneste” di certe furbe etichette che ammiccando in ogni modo possibile al mondo “green” (va di moda…) in realtà offrono solo modesti vinelli convenzionali, al massimo Bio.
Però, sul retro, in grande evidenza, ci sono tutti i possibili bollini e indicazioni verdognoli (e non…) che la legislazione impone, ma senza nulla che racconti, magari in sedicesimi, il vino…
Marketing?
P.S. – Sapevate che c’è anche chi pazientemente scolla le etichette dalle bottiglie e le colleziona, come le figurine dei calciatori… de gustibus!
Estetica delle etichette del vino naturale
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
Ultimamente le cantine si affidano anche ad artisti come Cantina Giardino per esempio, oltre al vino anche l’occhio vuole la sua parte
A me piacciono tanto le etichette dei vini di Nadia Verrua, Cascina Tavijn. Opere d’arte