Crema al carbone vegetale – il nero ovunque!

Di Fabio Riccio,            

Sono ripetitivo.

Ho le mie ossessioni.

Ben più di una.

L’ultima la conoscete bene.

Parlo del malefico carbone vegetale, alias E153 mania italica (ma non solo) dilagante ovunque, dal bar al ristorante, dalla panetteria alla cucina della casalinga di Voghera.

Non è che sotto sotto ci sarà un complotto?

Sapete, qui in Italia, i complottisti di vario genere prosperano, e non mi meraviglierei che qualcuno si inventi un intrigo dei soliti “poteri forti” per farci ingerire carbone vegetale a go-go con conseguente stipsi generalizzata, curabile solo con i lassativi…

Nessun complotto.

Il carbone vegetale addizionato a qualsiasi cosa commestibile è solo una stupidissima moda, dilagante però.

Ok, fatto quel minimo di autoanalisi che serve, vi racconto in breve l’ultima sul carbone vegetale, che è davvero diventato un blob, persino più avvolgente di quello del celebre film.

crema al carbone vegetale blobL’avanzata del carbone vegetale è inarrestabile!

Antefatto –

Baretto semicentrale della cittadina dove abito, alias Termoli, alias Molise, alias Italia.

Un baretto moderno, pulito, tranquillo… un baretto come ce ne sono tanti in Italia, di quartiere un tempo li chiamavano così.

Con un amico decidiamo di bere il classico caffettino di mezza mattinata.

Il caffè lo fanno bene.

Il Barista è un po’ matto, ma sta bene così, anche se il suo umorismo spesso non è dei migliori.

Dicevo… caffè, e poi occhieggio il classico angolo dei prodotto da forno, vale a dire il piccolo catafalco in plexiglas dove stazionano brioches e affini.

Già in passato in questo bar avevo avvistato molti orrori dell’arte pasticcera. Nell’ordine: tortino al cuore di cioccolato mini, tortino al cioccolato bianco, brioches ai venticinque (25!) cereali e ultimamente i croissant al carbone vegetale, oltre ad altri…

Di fianco a me c’è una signora.

Età dai 35 ai 55, in ogni caso portati male, molto male.

Presumibilmente insegnante, sia dallo stile nel vestire, sia dal tono dei suoi discorsi.

Sottobraccio registri + materiali cartacei di compiti in classe.

Anche lei per il caffèttino di mezza mattina.

Guardo cosa addenta.

All’apparenza è una normale brioches (scongelata… vabbè…)

Il ripieno però è nero.

carbone vegetale macchia neraNero come la notte, nero come macchia nera.

Ingenuamente penso al cioccolato, alla nutella, a qualche crema “normale”.

No.

la crema è più nera del solito.

La signora con aria beata mangia il suo croissant.

Poi la sento parlare con la sua vicina (amica, parente?) al bancone.

Sai Ada (nome di fantasia), da quando mangio le brioches al carbone, ho risolto tutti i miei problemi di digestione, poi, sono anche molto più buone!”

Mannaggia che stamattina ho già fatto colazione, esclama l’amica, altrimenti…”

Guardo attentamente i croissant e rabbrividisco.

Il nero è (dovrebbe essere) una crema pasticcera nera.

E così, stoicamente, come ho già fatto in quel di Diano Marina, assaggiando la mia prima pizza margherita al carbone vegetale (per la mozzarella nera avevo provveduto in Molise…) prendo anche io l’ultimo croissant con crema nera, e me ne cibo.

Devo fare questa esperienza.

Giudizio?

Se ora sono qui a scrivere, significa che non è velenoso, partiamo da questo – è già qualcosa.

Semplicemente lo ritengo un prodotto da forno inutile, pleonastico.

Un normalissimo e gustativamente mediocre croissant (cornetto è forse meglio), rimpinzato di grassi di ignota progenie per dargli una parvenza di (presunta) freschezza, logicamente scongelato più o meno bene, e con dentro una crema, nera, nerissima, certamente industriale – la crema al carbone vegetale appunto.

Però… è venduto ad un prezzo superiore ai normali croissant.

Tutto qui.

Non ho letto gli ingredienti nell’etichettina piccina piccina posta nel catafalco vitreo che le conteneva, causa mancanza di occhiali.

Meglio, forse.

Tornato a casa, scartabellando libri e googlando in ricerca di notizie, scopro che per far diventare nera una crema pasticcera e renderla attraente a tutti quelli che beati se ne cibano, credendola una moderna panacea, ci sono due strade, anzi: tre.

La prima è quella di aggiungere il carbone vegetale (E153), in questo caso nelle vesti di colorante, a crema già fatta.

La seconda è quella di intervenire in fase di preparazione della crema, aggiungendo un po’ di carbone alla farina, ma qui, sorge un problema.

La quantità di farina utilizzata in una buona crema pasticcera secondo la classica ricetta è non è poi molta, quindi, la sola addizione di carbone vegetale più o meno al 2% alla farina (come per pane, pizze e focacce) porterebbe ad un colore non proprio nero, ma grigiastro… quasi come quello delle inquietanti mozzarelle (nere)… vedi – https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/mozzarella-al-carbone-vegetale/2015/10/

Non so quanto sia invitante…

La terza, più semplice e dal risultato cromatico ineccepibile, è quella di aggiungere in fase di preparazione della crema, oltre al già citato carbone vegetale, anche qualche altro colorante nero ammesso dalle leggi vigenti, come il famoso E151 meglio noto come nero brillante…

Tutto qui…

Carbone su carbone, o carbone vegetale & coloranti vari?

Quale è meglio?

crema al carbone vegetaleNon c’è meglio o peggio, siamo solo nel pieno di una moda galoppante.

Non dimentichiamo poi che il carbone vegetale insieme a caseina, acidi grassi etc etc (il latte della crema) risulta “tarpato” nei sui effetti benefici.

Poi, come già scritto in precedenza, il carbone vegetale è inodore e insapore, quindi… solo colore!

Pura e semplice cromaticità.

Allora… hai voglia a mangiare cornetti alla crema al carbone vegetale (nera…) per aggiustarti il sistema digestivo!

Aspetto un “revival” del famoso Fungo cinese, quello che negli anni ’50 fece furore in Italia e in tutto il mondo, vedi – https://www.cicap.org/new/stampa.php?id=274385

mozzarella al carbone vegetale croissant nero

1 commento su “Crema al carbone vegetale – il nero ovunque!”

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