Il Musar Jeune Bianco è uno di quei vini che almeno una volta nella vita bisogna incontrare, quasi come una visita alla torre Eiffel, al Colosseo o alle cascate del Niagara.
Però, scrivere di questo vino Libanese rischia di diventare una cosa scontata, perché, e per fortuna del produttore, almeno qui in Italia, pur se talvolta relegato nelle ultime pagine e in caratteri microscopici, è presente in molte carte dei vini, anche e specialmente dove meno te lo aspetti.
Meno male!
Premessa: il Musar Jeune Bianco è uno di quei naturali (per fortuna in via di scomparsa…) non forzatamente disarmonici, cioè brutti, sporchi & cattivi, è di un equilibrio commovente e di una incredibile pulizia che… se chi lo assaggia non sa che è “naturale” mica se ne accorge, nonostante il ricchissimo e variegato ventaglio sensoriale, forse per alcuni difforme, almeno per certi canoni.
Chardonnay, Vermentino, Viognier, vitigni noti & stranoti – forse scontati – allevati e vinificati in biologico su terreni pietrosi e calcarei.
Niente trucchi, belletti & enoporcate ma solo fermentazioni separate con lieviti autoctoni in acciaio a temperatura controllata (a queste latitudini è d’obbligo fare uno strappo alla regola…), poi, tre mesi in acciaio sulle fecce fini.
Il tutto, grazie anche al bonus ambientale del particolare microclima mediorientale della valle della Beqa‘, malauguratamente negli ultimi cento anni più nota per gli eventi bellici che hanno martoriato il paese dei cedri che per il vino, regala un Triple A letteralmente da sballo che, almeno una volta nella vita bisogna provare, perdonatemi i paroloni.
Alla vista il 2018 di Chateau Musar esordisce con un giallo limpido, carico, ma senza esagerare.
Sicuramente un buon benvenuto, ma dopo il primo approccio visivo, è al naso che il bianco della valle della Beqa si palesa in tutto il suo vigore di fuoriclasse.
Prima raffiche di limone quasi da starnuto da far paura, poi unico putiferio di albicocca, ananas, pesca e pera che, con l’evoluzione, si intrecciano magicamente bene a un seducente amaro floreale, in prevalenza fiori di sambuco ed erba.
Il basilico no, non l’ho percepito…
In bocca è pieno, ma anche fresco, asciutto, agile, e se non ibernato a temperature scandinave, ma tenuto sui 10 – 12°, semplicemente potente.
Ecco, stringendo, il Musar Jeune Bianco – emozioni e facile se non facilissima beva, ma da comprarne un bancale intero…
Fine.
Si: sono proprio i vini come questo, esempio di raffinato artigianato, quelli dove le parole sono sempre inadeguate rispetto alle sensazioni provate bevendolo, che ci ricordano che forse è davvero giunta l’ora di riformare i canoni gustativi del vino, ancora troppo anchilosati nella perenne ricerca di una (presunta) perfezione formale, che, e qui mi ripeto come un disco rotto, troppo spesso si traduce semplicemente in omologazione sensoriale con eccesso di marketing…
Chateau Musar SAL
Baroudy str., Sopenco bldg.
B.P.: 281 Achrafieh,
Beirut
info@chateaumusar.com.lb
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?