Il sommelier eunuco

Di Fabio Riccio,         

Non è che ripeto sempre le stesse cose, ma sono le “stesse cose” che mi pedinano, che mi inseguono ovunque, il tutto con raccapricciante regolarità.

Sabato pomeriggio.

Supermercato.

Spesa soprattutto di pane & acqua, stasera cena fuori, quindi…

Incontro un amico.

Fabio lo sai che tra poco, al locale tal dei tali (una pseudo-enoteca) presentano i vini dell’azienda XXXX?

– No, non lo sapevo.

– Sai bene che quel posto per me è fuori da qualsiasi possibilità di frequentazione, causa qualità media pessima, e conservazione ancor peggiore di ogni vino che hanno (quasi tutto sfuso…)?

– Ma dai! E’ gratis, così assaggi cose nuove e poi ti fai un’opinione.

– Vabbè… una mezz’ora la ho, andiamo a vedere.

sommelier eunuco decanterPremessa: la cantina XXXX non la conosco se non di nome, questi signori però hanno dalla loro il merito di essere stati i primi dopo tanti anni di silenzio a rispolverare una DOC dimentica, DOC che nessuno più produceva da molti anni.

Fin qui la faccenda potrebbe essere interessante.

Accetto l’invito.

A parte il gusto decisamente kitsch con grappoli, pannocchie e frutti di plastica appesi ovunque, e i contenitori di acciaio per gli sfusi chiusi eufemisticamente parlando alla buona”, l’aspetto della pseudo-enoteca corrisponde in tutto al format di questi locali che ormai ammorbano l’Italia.

Poca gente.

Siamo al massimo quindici.

Forse sabato alle 17,30 la gente preferisce un aperitivo al vino.

Nel locale, oltre chi lo dirige, c’è il proprietario dell’azienda XXXX con un sommellier in grande uniforme da parata di fresco stirata, un elegantone a suo modo.

Si aspetta un po’ – altra gente non arriva.

Inizio.

Noioso pistolotto del proprietario dell’azienda, alias la solita solfa di quanto siamo bravi, quanto siamo moderni, e quanto facciamo noi di importante nel mondo del vino, e di come siamo abili perché esportiamo perfino in America.

Fiaccante.

Autoreferenziale.

Pura aria fritta.

Si passa al recupero della DOC.

Finalmente qualcosa di minimamente interessante.

Una ventina di minuti di chiacchiere…

Belle parole, chissà se corrispondono a fatti concreti.

Vabbè…

sommelier eunuco piccoloPassiamo alla degustazione, spazio al sommelier.

Ha tre vini da descrivere, logicamente bianco, rosso e rosato…

Niente bollicine.

Eppure sapevo che la cantina XXXX le produceva…

Qui (come prevedevo), arriva la fiera dello scontato.

Paroloni roboanti da enoiniziati e piglio da (presunto) manager.

Enunciazioni più che da professionista che dovrebbe “spiegare e semplificare” il vino a noi profani, da chimico o microbiologo.

Neanche un velato cenno alla piacevolezza.

Un venditore di enciclopedie porta a porta è di certo più convincente e di cuore.

Il vino, questo figuro incravattato non può “spiegarlo come fosse un detersivo qualunque, o l’ultimo modello di televisore – non mi piace. Stop.

Il sommelier descrive, descrive… ma in realtà non dice nulla, se non le solite e trite frasi di liturgia.

Noia, voglia di scappar via.

Finalmente è il momento degli assaggi.

Per grazia divina ci danno anche del pane.

Pane precotto, mestamente industriale, salatissimo come e peggio di un’acciuga appena tolta dal suo barile.

Ma… nessuno gli ha detto a questi qui che il pane che accompagna una degustazione deve essere senza sale, o quantomeno non così dozzinale?

Vabbè…

Tre vini, tre calici di anonimato in bottiglia.

Nessun difetto (o quasi…), ma solo la fiera della più becera noia enologica.

Il rosso odora e sa solo di legno.

Ho quasi l’impressione di mangiare un listello di parquet, ma c’è anche un sentore di ridotto da far paura, e dire che in giusta misura per me il ridotto non è un difetto, anzi.

Il rosato, che a sentir loro è stato sulle bucce per sole 24 ore, è acre come il Vetril, ed è di un rosa preoccupante, quasi come l’alcol denaturato.

Il bianco odora di fiori come quelli dei deodoranti spray per ambiente, e in bocca richiama certe cedrate di infimo ordine.

Vini pmediocri e scontati di così non si può.

Compitini enologici da quattro soldi.

Vini che potrebbero essere fatti con qualsiasi vitigno, e risulterebbero sempre uguali, dall’equatore al polo nord.

Il sommelier elegantone di questa tiritera enologica invece ne è entusiasta.

Senza il minimo imbarazzo, spande paroloni di sapienza e di unicità per questi tre… che non sono altro che liquidi. Stop.

Gli altri presenti invece sembrano gradire.

Sento commenti positivi.

Il sommelier certamente li ha convinti.

Non me.

Purtroppo, ho un difetto, uno dei tanti, troppi

Dal mio sguardo trapela (quasi) il mio pensiero.

Come attore sono scadente.

Il sommelier mi adocchia, nota la mia perplessità.

Io riprovo ad assaggiare i tre vini, nella speranza di trovarci un qualcosa che almeno me li renda potabili.

sommelier eunucoNulla, non c’è nulla di attraente in questi tre “liquidi”.

A questo punto, il sommelier forse allarmato che tra il pubblico c’è un sovversivo che non si lancia in poetiche piaggerie degne di un ex sindaco di Fivizzano (SP), mi prende di mira e dice:

– Ho paura vista l’espressione, che il signore con il maglione grigio seduto sulla sedia verde (è l’unica – che occhio che ha!) non apprezza i nostri vini, posso chiedere come mai?

Non rispondo.

Che gli dico, che mi fanno letteralmente schifo?

Lui insiste.

– Forse qualcosa non va?

Medito… potrei far l’ipocrita raccontando che ho mangiato una Fisherman’s Friend da poco, e che ho il palato fuori uso.

Potrei inventarmi che i vini certamente mi piacciono tanto, ma che ho i postumi di una paresi facciale non ancora recuperata al 100%.

Potrei anche dire, tenendo un piede in due scarpe, che mi piacciono solo i rossi, e che bianchi e rosati mi fanno acidità allo stomaco, chissà per quale misteriosa intolleranza.

No, non sono un ipocrita – educatamente me ne esco così:

Mi perdoni, ma pur se corretti e impeccabili sono vini che non mi appassionano

Come mai? – risponde lui.

Non sono nelle mie “corde”, tutto qui provo cavarmela…

– E… quali sarebbero i vini che preferisce lei?

– Vini che danno emozioni tangibili ai sensi, vini che bevo semplicemente perché mi piacciono, per la loro piacevolezza, perché mi fanno stare bene, non per la tecnica.

– Piacevolezza? E sgrana gli occhi…

Caro signore (caro a chi? Mica abbiamo mangiato insieme noi due!) si ricordi questo: il vino del ventunesimo secolo è tecnica, è scienza, sono finiti i tempi dei vini dei contadini o dei produttori eroici, si ricordi di questo!

Brutte parole.

Tristezza.

Aria stizzita e arrogante.

Nel dire questo, il suo sguardo di fa ancor più torvo, e inizia a guardarmi come fossi un mentecatto reo del delitto di lesa maestà.

Per lui lo sono.

A questo punto prendo il coltello dalla parte del manico e dico:

Mi permette di farle una domanda?

– Prego!

Ma lei a casa, se ha una cena con amici, cosa berrebbe invece?

Silenzio.

Terrore nel suo sguardo.

La domanda, chissà perché, lo ha mandato in panico.

Forse Davide ha colpito Golia…

Inizio a contare i secondi.

E’ in difficoltà.

Quattordici, quasi quindici secondi…

Bettino Craxi non era mai arrivato a questo.

Apre la bocca e dice:

– Io a casa non bevo mai.

– Scusi????

– Bevo solo durante degustazioni, e solo se è proprio necessario. Sono praticamente astemio.

Noto negli sguardi degli altri presenti qualche perplessità…

Non replico, sarebbe inutile, saluto i presenti e vado via.

Un altro sommelier astemio (quasi dice lui…)

Qualche tempo fa su queste colonne, questi individui li avevo definiti sommelier castrati, credo però che l’aggettivo eunuco sia più appropriato.

Il Sommelier eunuco.

Perché prosperano personaggi del genere, perchè trovano anche spazio?

Ma più di tutto: perché me li trovo tutti io davanti?

Che peccati ho fatto?

Il sommelier eunuco di questo infelice pomeriggio ha avuto la mera funzione di “testimonial”, credo a libro paga dell’azienda vinicola.

Testimonial ben poco credibile a mio avviso.

Perchè?

Perchè… nel mondo della pubblicità il testimonial è un personaggio noto (oppure un esperto del settore) che si fa garante verso il pubblico della bontà del prodotto reclamizzato.

In questa ottica, comprereste voi un‘auto pubblicizzata da un qualcuno che non ha nemmeno la patente?

Comprereste voi un auto usata da un politico di professione?

Comprereste voi del vino, il cui testimonial, il sommelier eunuco appunto, si dichiara astemio?

Io no.

Quel che ha fatto questo pseudo-sommelier (non me ne vogliano quelli corretti e intelligenti, che pur ci sono…) ha un solo nome: marchetta.

sommelier eunuco Totò Il Turco Napoletano


P.S. – Questi vini DOC “risorti” (sic!) solo per la degustazione erano in vendita e in “offerta” in confezione da tre (assortita) a soli sessanta (60) euro.

Singolarmente costavano dai 22 ai 24 euro.

In mia opinione vista la qualità assolutamente mediocre, un vero e proprio furto.

Con venti euro a bottiglia in giro ci sono fior di vini…

Cui prodest?

4 commenti su “Il sommelier eunuco”

  1. Onestamente io certi sommellier per la loro supponeneza e il loro senso di appartenenza a questa che a tutti gli effetti è una casta, li farei trasformare in eunuchi davvero… così gli passa la smania di dire sempre le stesse cose r di segnare a dito chi non la pensa minimamente come loro….

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  2. Leggo, e da semplice appassionato del buon bere, rido.
    Leggo e non mi sento più solo nella disgrazia.
    Leggo e mi sembra di rivivere come in un film una tragica degustazione di un quasi-molto-noto sommelier milanese, alla quale ho malauguratamente partecipato mesi addietro.
    Che tristezza e che prosopopea questi signori.
    Marchette, è il termine esatto.
    Se ho ben capito la degustazione oggetto dell’articolo almeno era gratuita, la mia no purtroppo.
    Ho tirato fuori di tasca 30 euro per sentire aria fritta, e provare in totale 4 risicatissimi calici di stupidissimi vini uguali a tantissimi altri.
    Belle le etichette però!
    Non so se il sommelier fosse astemio, ma supponente si.
    Di Sommelier astemi ne conosco tanti… purtroppo!

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  3. Ne è piena l’Italia di questo tipo becero di sommelier…
    Eunuchi si, ma senza il centone verde (o di più…) non muovono mica la bocca.

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