Carciofo di Cupello

Di Serena Manzoni,

Questo pezzo l’ho già scritto. Non nel senso letterale, ma in senso traslato. Non dirò nulla di nuovo in effetti, ribadirò considerazioni che ho già affrontato occupandomi delle sarde e della loro pulizia. Le sensazioni tattili, olfattive e visive, nonché i rumori sono diversi, ma in fondo il succo della questione è lo stesso. Un’altra volta mi trovo ad affrontare una materia prima all’apparenza ostica, più facile da gustare al ristorante o da vedere sui banchi del mercato, da immaginare più che da toccare. E’ la volta del carciofo! Quante volte ho provato a comprarlo e a pulirlo e prepararlo, armata di buone intenzioni con accanto un recipiente con acqua e limone e quante volte ho fallito trovandomi con un pugno di mosche in mano o con carciofi magari saporiti ma decisamente duretti e poco masticabili…

carciofo di cupello
Acquerello di William Trivelli

Non troppo tempo fa ho ritentato l’ardua impresa: acquisto i carciofi, sicura di me, questa volta ce la devo fare, sono pronta, è la volta buona e nell’attesa di trovare il tempo e il coraggio i miei cari carciofi sono invecchiati un po’ tristemente, diventando qualcosa di molto simile ad un feticcio in via di mummificazione dentro il frigorifero. Non ce l’ho fatta! A dire la verità, non ci ho nemmeno provato, lasciando in potenza quello che insicurezza e pigrizia non mi hanno permesso di trasformare in atto.

Poi una sera è successa una cosa!

Andiamo a Cupello per una cena a La volpe e l’uva (di cui noi di Gastrodelirio ci siamo già occupati), non pensando ormai più ai miei fallimenti carciofeschi, non sapendo o meglio rimuovendo che stavo entrando dritta dentro la tana del lupo! Cominciamo con un antipasto? Visto che è periodo l’osteria propone un’insalatina di carciofi croccanti e una minestra asciutta di carciofi, fave e lattuga. Il fatto è che i carciofi a me piacciono, e molto… le due pietanze sono perfette e il nostro amato vegetale la fa da padrone, il suo sapore arriva solo un attimo dopo averlo masticato e si manifesta come una sorpresa balsamica persistente, miracolosamente amara e dolce allo stesso tempo. La cena prosegue, come una specie di arrampicata tra una foglia e l’altra, un arrampicarsi però non verso l’alto ma verso il dentro, verso il cuore. Un piede qua e una mano là, senza paura fino al profondo, non temendo di pungersi perché il carciofo di Cupello le spine non le ha.

carciofo di cupelloIl paese abruzzese ha infatti il suo personalissimo carciofo, con tanto di marchio registrato di cui titolare è la provincia di Chieti. Simile al carciofo romano, della varietà “mazzaferrata”, senza spine, foro all’apice, polposo e simpatico, coltivato a Cupello e nei paesi limitrofi. La Cooperativa agricola San Rocco, costituita nel 1961, si occupa della coltivazione, garantendo il rispetto del disciplinare e della qualità del prodotto. Insomma è tutto perfetto: siamo nel posto giusto al momento giusto, posso crogiolarmi nelle mie idiosincrasie, non ho bisogno di affrontare lo sfrontato vegetale perché c’è un cuoco che lo fa per me e molto meglio di me! Mannaggia al cuoco! E mannaggia al mio vizio di non tenere mai la bocca chiusa! Dopo aver raccontato le mie disavventure a Marcello Potente (il cuoco appunto), lo stesso mi porge in dono un sacchetto con alcuni carciofi della Cooperativa San Rocco, con una spiegazione apparentemente molto chiara di come gestire la situazione, dalla pulizia alla cottura: i mostri vanno affrontati!

Torno a casa con la sensazione di avere preso una grossa fregatura. carciofo di cupelloFaccio passare qualche giorno, il mio bouquet verde e violetto troneggia in casa, con le sue belle foglie e le sue promesse. Man mano che passa il tempo la lezione di cucina si fa sempre più vaga; sono quasi sul punto di abbandonare l’idea quando uno scatto di orgoglio mi fa prendere la decisione fatidica: cucinerò i carciofi! Proprio come con le sarde, telefono alla mia amica massaia Stefano per un ripasso di teoria, ma soprattutto di pratica. Ma come li hai conservati? Non li hai messi con il gambo in acqua? Ma non sai che continuano a fiorire? No, non è che il carciofo di Cupello non ha la barba all’interno, non ce l’aveva quando te li ha dati! Quante foglie devi togliere? Leggi la poesia di Neruda a riguardo e lo capirai. Hai dei limoni? Un po’ di aglio…un po’ di acqua…quando si infila la forchetta senza resistenza sono pronti…

A questo punto potete riprendere il pezzo sulla pulizia delle sarde, potrete sentire il “tac” delle foglie che si staccano e il colore che cambia nel tentativo di ossidazione tenuto a bada dal limone, la consistenza degli scarti, la malinconia del prodotto integro e della sua bellezza, la sorpresa del sapore che si apre fortissimo e pulito in bocca. Il resto, l’ho già scritto.

Así termina
en paz
esta carrera
del vegetal armado
que se llama alcachofa,
luego
escama por escama
desvestimos
la delicia
y comemos
la pacífica pasta
de su corazón verde.

(Così finisce la Oda a la alcachofa poesia di Pablo Neruda)

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