Di Fabio Riccio,
Instagram è un social diverso.
L’essere dedicato quasi in toto alle immagini lo fa essere la cosa giusta nel momento storico giusto, ma, con due facce diverse.
La prima, dominante in assoluto, è quello dell’ostentato narcisismo, vista la miriade di soggetti che, nella babelica mostra senza confini di corpi e volti, cercano disperatamente di piacere e farsi piacere, cosa che va di pari passo con la “iconificazione” e il conseguente impoverimento della comunicazione scritta, visto che la media dei testi Instagram (se per caso ci sono…) è da SMS. Tutta colpa di Instagram
La seconda invece, più interessante, ma per nulla maggioritaria, è quella di chi ha scelto Instagram come piattaforma per produrre immagini intese come forma d’arte e non di mera espressione narcisistica, tuffandosi nel gran mare magnum di selfie & company, e provando ad emergere con talento nel vero e proprio tsunami di stolte immagini e “storie” da guardare, quasi sempre distrattamente.
Scelta interessante quest’ultima. tutta colpa di Instagram?
Un uso controcorrente e forse non previsto da chi ha concepito Instagram, ma un uso che potrebbe trasformare questo social in una affascinante sorta di galleria d’arte di babele.
Purtroppo però, al momento Instagram è solo una affollatissima vetrina che non riuscendo ad aumentare o modificare la qualità del reale, trova la sua ragion d’essere nello scarnificare in slogan le sue infinite e in gran parte narcisistiche immagini.
Anche il cibo non sfugge a queste dinamiche su Instagram, visto che fotografato in ogni angolazione, viene prima iconificato, e poi trasformato in virtuale, cioè non da gustare con palato e sensi, ma da fruire passivamente solo dallo schermo dello smartphone e non dal vero.
Il cerchio si chiude, la cesura tra il virtuale e il reale è pienamente compiuta.
Purtroppo “l’appassionato medio” di cibo e cucina su Instagram al massimo scomoda il suo indice per mettere un onanistico like di più o di meno, cosa decisamente non impegnativa come lo è il sedersi al ristorante, per gustare qualcosa appagando i propri sensi e aprendo il portafoglio.
Il cibo – spiace ripeterlo – non è proprio come uno sport, dove ci sono quelli che partecipano e vincono le gare, quelli che corrono solo per piacere o salutismo, e quelli che pigramente lo osservano dalla loro poltrona definendosi poi “sportivi”.
Il cibo nasce per essere mangiato, se poi è bello esteticamente meglio, stop.
Tutto il resto è fuffa. Tutta colpa di Instagram.
Così, uno chef o ristoratore, uno di quelli oggettivamente mediocri, diciamocela tutta, tanti, che dietro suggerimento del suo (apprendista) stregone-comunicatore inonda Instagram di foto con annesso “pensierino alato” da terza elementare, dopo i primi effimeri entusiasmi, non correrà più di tanto nel mondo reale del gusto, e, cosa più importante, di sicuro non riempirà il suo ristorante di nuovi clienti.
Semplicemente… perché come nessun WhatsApp audio regala la stessa sensazione del chiacchierare de visu con chi chiamiamo, o nessuna foto postata in qualche social di un quadro del Caravaggio regala la stessa emozione che da il vederselo davanti in una chiesa o in un museo, una foto anche se bene fatta rimane solo una rappresentazione di qualcosa, non il suo gusto, non le sue sensazioni.
Per poter stare sulla tavola di un ristorante, un piatto e le sensazioni che trasmette ai sensi, deve essere degno di quest’onore, non contrabbandato come il migliore tramite una incerta foto postata insieme a due-righe-due dal comunicatore-testimonial scroccone di turno, pagato & mangiante.
Mangiare, vedere e ascoltare dal vivo, ricordiamocelo, saranno e sono sempre cose più special che social, per fortuna.
Indi, la mia semplie e forse sconatata domanda è: ma è proprio tutta colpa di Instagram?
Oppure, è sempre stato cosi, ma sotto altre vesti?
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Sood, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?