Tetramythos Retsina Bio 2013
Al di là delle certezze
Di Stefano Capone,
Fondamentale presupposto per bere liberamente il buon vino è, per me, liberarsi dai cliché e dalle presunte, storiche certezze.
Ebbene, vorrei iniziare a scrollarmi di dosso una presunzione che, vuoi o non vuoi, tarpa inevitabilmente la curiosità della ricerca: il buon vino non è cosa esclusivamente italiana o francese.
È veramente molto raro che lo sguardo di chi beve o parla di vino, me compreso, si rivolga con l’attenzione dovuta al di là degli approdi sicuri e noti del bel paese o dell’antica Gallia.
Eppure dove c’è vite c’è vino e, considerato il fatto che l’amata vitis vinifera cresce rigogliosa tra il 30° ed il 50° parallelo (…se parliamo dell’emisfero nord) non è certo complicato trovare spunti per arricchire la nostra memoria gustativa.
Fatti salvi gli amici spagnoli e l’ondata di vini georgiani, presunti baluardi di una vinificazione ancestrale, cercati, nella maggior parte dei casi, più per un sussulto modaiolo che per la consapevolezza della loro reale importanza, poco si sa e poco si cerca al di là dei nostri confini e di quelli dei nostri scontrosi cugini d’oltralpe.
Se vogliamo riconoscere al vino un carattere intimamente mediterraneo, cosa c’è di più mediterraneo, oltre al nostro sempre caro bel paese, della nobile e un po’ bistrattata dirimpettaia Grecia?
E quindi, non riuscendo a tirare la polemica troppo per le lunghe, per mia natura e poi perché, in fondo, quello che mi interessa è passare all’atto pratico sempre esaltante della mescita, eccomi qui, fresco dalla cantina, con la mia bella ed ellenica Tetramythos Retsina Bio 2013.
Se la mettiamo sul piano della tradizione il confronto si fa subito difficile, vista l’origine stessa del vino Retsina – detto anche vino di Atene – che affonda le sue radici in circa due millenni di storia greca.
Ovviamente è buona cosa ricordare che il Retsina è un antico vino greco, generalmente bianco o rosato, da vari vitigni autoctoni, nato dall’usanza arcaica di sigillare le anfore in cui veniva conservato con della resina di pino, in particolare del pino di Aleppo, per preservarlo dall’azione ossidante dell’aria.
Il risultato era un vino che assimilava in sé gli aromi della resina stessa acquisendo una caratteristica complessità.
Nel corso dei secoli, sempre ai fini di protezione, si iniziò ad aggiungere la resina in fase di fermentazione arrivando al Retsina com’è oggi.
La ricerca della bottiglia di cui parleremo è stata molto attenta poiché, essendo questa la tipologia di vino più famosa della Grecia, con il Retsina si rischia l’effetto “limoncello”, ossia la possibilità di trovarsi tra le mani qualcosa che di territoriale e tradizionale ha solo il nome.
La nostra bottiglia intanto viene da una zona altamente vocata e dalle caratteristiche di viticoltura quasi “eroica”.
Infatti la piccola cantina Tetramythos sorge nella regione dell’Achaia, nel nord del Peloponneso sui fianchi del monte Chelmos e i suoi vigneti crescono in 14 ettari ad altitudini variabili tra i 600 ed i 1000 metri.
Per influsso delle correnti marine e per caratteristiche del suolo il “terroir’” è assolutamente di primordine.
E Tetramythos è una cantina che piace non solo per la vocazione dei suoi terreni, ma per come, pare dalle notizie raccolte, intenda le pratiche di vigna e cantina.
Interamente spostata sull’agricoltura di stampo biologico, Tetramythos segue regole di vinificazione molto vicine a quelle che noi chiamiamo naturali.
Arriviamo dunque al Retsina Bio che, per ora, è fermo lì sul tavolo a sentire le mie, probabilmente noiose, chiacchiere.
Nasce dal vitigno autoctono rosato Roditis vinificato in bianco e fermentato solo grazie a lieviti autoctoni, con aggiunta nel mosto della resina degli alberi presenti nel vigneto.
Il 60% in acciaio e il 40% in anfore di ceramica plasmata con la terra stessa dei vigneti.
Anidride solforosa aggiunta solo in imbottigliamento, e comunque in dosi minime.
I presupposti ci sono tutti.
Ma come sempre non ci si può accontentare delle aspettative.
Finalmente si stappa.
Il colore appare subito interessante, paglierino abbastanza scarico ma brillante, e i riflessi sono di un vino vivo.
Ho voluto raffreddarlo molto per coglierne l’evoluzione al crescere della temperatura.
Appena aperto al naso un profumo argilloso che dà il reale senso dell’anfora e della terra.
Questo sentore arcaico mi accompagnerà in varie sfumature per tutta la bottiglia.
Non è un vino dall’approccio semplice e per questo mi intriga.
Viva ma discreta la nota balsamica della resina che si ritrova anche in bocca accompagnata da un corpo esile e agevole che rende più innocua la pur presente alcolicità (13%).
I profumi evolvono in un intreccio costante di resina e corteccia d’albero a cui si affiancano note più delicate di pesca e agrumi e più contadine di erbe.
Sorprendente la corrispondenza tra naso e bocca che chiude comunque in una piacevole nota amara, viatico indispensabile al bicchiere successivo.
In un incedere elegantemente mutevole, si arriva a belle note di miele bilanciate da una giusta acidità, costante presenza a tutte le temperature.
Queste peculiarità di evoluzione gli consentono di affiancare con assoluta destrezza, come nel mio caso, dai formaggi freschi a quelli un po’ più stagionati, fino ai dolci.
Insomma, un vino inusuale e fortemente caratterizzato.
Estremamente personale seppure in una complessità gusto-olfattiva semplice e non urlata.
Un vino autentico e arcaico, dal prezzo ragionevolissimo, che non fa nulla per accaparrarsi le simpatie di chi lo beve ma che con pazienza ti afferra per il bavero con la mano rugosa di chi ha toccato e annusato la terra e ti trascina con sé sulle salite aspre e verdi del Peloponneso.
Stefano Capone
Anche Plinio il Vecchio parla, nel suo Naturalis Historia, dell’usanza di mettere della resina nel mosto di vino in fermentazione, suggerendo di usare la resina di pino delle zone di montagna, ritenuta di alta qualità rispetto a quella delle terre più basse.
Si può assaggiare anche in Italia nei ristoranti greci 🙂
Forse la viticultura ellenica potrebbe diventare una nuova frontiera per noi Italiani, in ogni caso è da approcciare con il massimo rispetto e il cuore aperto, perchè regala esperienze sensoriali abbastanza diverse ma apprezzabili, ma non per questo meno gratificanti.
Riguardo questo vino, letto, incuriosito e comprato.
Costa anche relativamente poco!
Esperienza ottima, vino complesso e per certi risvolti affascinante, lontano mille miglia dagli stereotipi dei vini della Grecia.
Esperienza da rifare anche con altre etichette di altre zone della martoriata nazione a noi così vicina, storicamente e culturalmente.
A quando qualche altra buona “dritta” a riguardo?
saluti,
Ostico, diseguale, dal sapore cangiante e dagli aromi imprevedibili per un naso non avvezzo a questa tipologia de vini…
Però e affascinante, malizioso e dopo che ci prendi gusto ne sogni una cassa intera per bere con gli amici…
Una chicca per intenditori veramente!
Un vino semplicemente favoloso.
Peccato che siamo in pochi a conoscerlo…
vino semplicemente magnifico, una vera sorpresa.
Oltretutto costa davvero poco in rapporto alla qualità e alla tempesta di sensazioni che da.
Un vino “antipatico”, fuori da qualsiasi catalogazione, ma che pur tra qualche spigolositá di troppo, soddisfa il palato anche di chi non è abituato a questo tipo di enologia molto poco convenzionale…
Altro che resina… Un gran bel vino, anche se in Italia é praticamente sconosciuto.
Poi, costa anche relativamente poco!
Incuriosito dall’articolo mi sono procurato questo vino.
Semplicemente buono, ancestrale, forse curioso ma assolutamente godibile in ogni suo dettaglio e aspetto.
Grazie per avermelo fatto scoprire!
Complimenti da Giacomo!
Anche io, sempre alla ricerche di “chicche enologighe” sarei interessato a sapere se cè in Italia qualche distributore, e se vende in internet.
Grazie,
Guido
Cari Guido e Alessandro,
vi rispondo insieme alla richiesta di informazioni e mi scuso, con Alessandro, per il ritardo dovuto soprattutto alla mia personale esitazione nel dare indicazioni di tipo “commerciale” sui prodotti di cui parlo. Questo per non dare adito a equivoci sulla natura di Gastrodelirio che non ha assolutamente finalità pubblicitarie.
Visto però l’interesse mostrato, posso indicare il distributore da cui mi sono servito, ossia il portale http://www.ellenika.it “Momenti di civiltà della tavola” che importa in Italia prodotti greci di qualità.
In ogni caso ritengo sia giusto condividere questo tipo di esperienze.
Un saluto e un ringraziamento
Stefano
Bella la descrizione di questo vino, ho cercato un po su google per chi lo vende, ma non ho trovato nulla.
Qualcuno sa dove e chi li distribuisce, magari in zona Roma e dintorni??
Grazie,
Alessandro
Noto con infinito piacere che non sono l’unico che apprezza questo vino.
Credo siamo molto pochi in Italia, vista anche la difficoltosa reperibilità.
Ostico, diseguale, cangiante e multiforme, e con sentori primari e secondari che farebbero saltare dalla sedia dalla paura tanti sommelier che conosco.
Ma… finalmente un vino non stereotipato, magari in certi sorsi “antipatico” e irrascibile, ma maledettamente vero.
Affascinante, ecco l’aggettivo giusto.
στην υγειά σας
Efharistò!