Ode alla cima di rapa

Ode alla cima di rapa


Di Stefano Capone,

I primi freddi.

L’inverno bussa alle porte.

I colori dell’autunno si spengono lentamente in un simpatico grigiore.

La luce del sole va via sempre prima e il buio sogghigna alle giornate

Il tempo sembra sempre troppo poco.

La neve non è più un’ipotesi lontana ma comunque non c’è.

È ora di rimettere le catene in auto, qualora le avessimo tolte.

Manca poco a Natale ma non si respira ancora aria di festa.

Le sere sono umide e fastidiose, ma è ancora presto per accendere il camino.

La malinconia si insinua subdola tra le pieghe del pomeriggio, e anche della mattina.

I gesti sono lenti e le menti annebbiate.

Nulla sembra poter far fronte a questo inevitabile e ciclico letargo emozionale da mezza stagione.

E invece no!

C’è speranza!

È lì.

Ieri non c’era, ora c’è.

Quasi avesse capito che avevamo bisogno di lei.

cima di rapaFulgida. Verde smeraldo. Frastagliata. Brillante e rigogliosa, tra i banchi del mercato la nostra ancora di salvezza in questo comune difficile momento di passaggio.

Compare per magia in un preciso momento dell’anno, e per magia repentinamente scompare quando sa di poterci lasciare soli.

Il vero faro dell’autunno: la cima di rapa.

Ricompare maestosa a ridare linfa alle nostre vite indecise tra il solstizio e l’equinozio.

Indecise anche nella scelta della quotidiana spesa, tra opalescenti bietole o acquose zucchine senza età.

Quando rivedo lei ogni dubbio è fugato. È il momento. La voglio. Ora o mai più.

cima di rapaL’animo si rinvigorisce e si ritrova partecipe.

A partire dalla selezione dei mazzetti giusti da portare a casa.

Non troppo grandi, sarebbe troppo arcigna. Piccoli e teneri.

Gambo sodo e verde chiaro e foglia di un verde deciso e luminoso.

Le cerco ancora umide della brina del campo.

E poi loro, le cime.

Ci devono essere.

Numerose, tra i fusti teneri.

Compatti bouquet verde mare di gemme non fiorite.

Nessun fiorellino giallo a interrompere la successione dei verdi.

È proprio questa la magia della cima di rapa.

Si può mangiare solo in un preciso momento, in quanto cima, non prima, non dopo.

È un ortaggio riconoscibile e ricco di personalità, la cima di rapa, che entra a gamba tesa nella flemmatica cucina di transizione.

La cremosità delle cime e la languida scivolosità delle foglie più tenere private del filamento centrale sono il giusto complemento a un sapore deciso che viaggia in assoluto equilibrio tra il dolce e l’amaro, e un profumo che in cottura ci avvolge in esuberanti sentori sulfurei.

E consentitemi ancora un richiamo nostalgico alla cucina di Puglia dove la nostra verde figlia della terra è regina e non comprimaria.

cima di rapaLa complessità organolettica della cima di rapa stufata con aglio e acciughe è difficilmente raggiungibile da atri ortaggi in una preparazione così semplice.

O che dire di un piatto di orecchiette al grano arso con cima di rapa e mollica di pane soffritta. Un piatto assoluto. Che dire…

Svegliati dal torpore grazie a un mazzolino di verdi foglie e grassocce infiorescenze ci rituffiamo gaudenti sotto il cielo plumbeo d’autunno, nell’attesa della festa che non arriva, al calare repentino della sera, con un ombrello rotto, pioggia insistente, nebbia e una strada senza portici.

Ma che sarà mai.

Io i miei tre chili di cime di rapa da pulire oggi li ho comprati. E voi?

12 commenti su “Ode alla cima di rapa”

  1. Gente!!!!
    Vi ho scoperto da poco, e mi piace molto leggervi!
    Però, devo ammettere che un’ode alla cima di rapa è semplicemente un’idea geniale.
    Bellissimo, complimenti!

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  2. Articolo molto simpatico, forse in certi passaggi un pochino troppo sentimentale.
    Però… è la prima volta che leggo una tale cosa sulle cime di rapa!
    A me piacciono, anche se in provincia di Trieste, non è che poi si trovino così facilmente…

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  3. Non ditemi male, ma pure se sono Pugliese (Tarantino!), e pure da tante generazioni, le cime di rapa non le ho mai sopportate!
    Non ho mai capito questa mania, non mi piacciono, e vivo benissimo anche senza mangiarle, e non vedo il motivo di tutto questo entusiasmo…

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    • Comunque caro Franco Basile, se non ti piacciono le cime di rapa, non puoi semplicemente ignorarle?
      C’è bisogno di esprimere qui tutto questo astio?
      Anche a me non mi scendono proprio giù le carote, ma nno per questo me ne vado sul web a dirne male, anche di chi le mangia…
      Semplicemente le ignoro.

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  4. Articolo bello e sentimentale su un vegetale che adoro in ogni sua preparazione.
    Da Pugliese non posso che associarsi a tutti i complimenti letti qui, anche io con commozione causa mio forzato esilio lavorativo.
    Ad majora!

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  5. Che bello trovare in un sito che parla di cibo e simili in questo “tono” pacato (anche quando vi scagliate in giuste filippicche) che manca altrove sul web.
    Che bello che scrivete in buon Italiano senza inutili buonismi da ricettario della nonna.
    Che bello anche leggere di prodotti vari, dalla sicilia alle Alpi senza inutili enfasi.
    Che bello anche da barlettano in esilio nella capitale leggere della mia verdura preferita, le cime di rapa.
    Complimenti e continuate così!

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  6. Complimenti per l’articolo, bello, poetico direi…
    Anche io sono uno che ama molto le cime di rapa, e quando è il periodo del loro fulgore ne compro in quantità, e meno male che in casa piacciono a tutti, nessuno è schizzinoso.
    Semplicemente buone e molto equilibrate nel sapore!

    Una domada per il signor Stefano Capone.
    Leggo la tra le righe un dolce e nostalgico richiamo alla Puglia… Lei è per caso Pugliese?
    Di dove, se posso osare chiederlo?

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    • Buonasera Emilio,
      La ringrazio per aver apprezzato queste mie parole appassionate sulla cima di rapa. Confido che ci siano tanti estimatori di questa verde prelibatezza. Riguardo la mia pugliesità… effettivamente non sbaglia. Sono nostalgico, e sono pugliese. Per la precisione, originario di Brindisi. Se ha la pazienza di scorrere il nostro sito, potrà trovare in numerosi post la mia personale lacrimuccia che scende parlando della terra natìa, sempre prodiga di spunti gastrodeliranti.
      In ogni caso, a parte questo mio cedimento sentimentale alle origini, mi piace sottolineare l’assoluta imparzialità geografica di Gastrodelirio.
      Spero continuerà a leggerci,
      un saluto
      Stefano

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