(Cronache di inutil-nullità travestite da insider)
Ogni evento food che si rispetti – che sia una fiera, una premiazione o l’inaugurazione di una pizzeria con forno psichedelico firmato dal guru di turno – ha i suoi infestanti garantiti: gli aspiranti cagnolini del potente.
Chi sono? Quei perfetti sconosciuti senza arte né parte, né gavetta né dignità, che gironzolano col telefono carico e lo sguardo da predatore infoiato. selfie col potente
Non cercano il piatto più interessante, né il prodotto più autentico. Seeee… non gliene può fregare di meno!
Cercano la preda più fotogenica: il VIP del momento o del “settore”.
Appena ne avvistano uno – magari uno chef con qualche stella oppure un minimo di fama, un critico col nome che conta, un pizzaiolo felicemente noto ai foodies – parte l’operazione “legittimazione finta a scrocco”.
Si avvicinano in modalità tappetino scendiletto col sorriso slavato e l’entusiasmo da fan invasato.
“Grande maestro!”, “Che onore!”, “Una foto al volo?”
Foto fatta.
Tag.
Hashtag.
Post.
E giù a costruirsi in fretta e furia addosso una narrativa falsa da “esperto” di food o di vino, come e più di una carbonara con la panna.
“Eccomi con il mio grande amico lo chef X”
“Grato per il confronto profondo avuto con il maestro”
“Un momento di condivisione che non dimenticherò mai”
Condivisione de che? Di due respiri nello stesso corridoio? Dello stesso buffet di qualche sgangherato catering da quattro soldi?
Questi figuri – e non ci sono mezzi termini per definirli – oltre a essere dei conclamati parassiti digitali, sono la zavorra del mondo enogastronomico.
Non cucinano, non scrivono e… quando osano farlo, ricorrono alle solite 150 parole che (più o meno…) sono il bagaglio di vocaboli che l’italiano medio conosce e malamente utilizza.
Non assaggiano con il minimo criterio, ma si vendono a destra e a manca come “del settore”, oppure come “esperti” solo perché hanno rubacchiato qualche foto ad alzo zero con chi lavora davvero, logicamente spiattellandola senza alcun ritegno su ogni social possibile e immaginabile. selfie col potente
È la pornografia della credibilità: tutto messo in mostra a cosce spalancate, ma niente di reale sotto.
E… la colpa non è del “potente”, spesso ignaro o semplicemente cortese.
La colpa è di questi mestieranti del niente, opportunisti del riflesso, che sperano di costruirsi una carriera come si monta un reel su Instagram: con le facce degli altri.
Sono quelli che parlano come se sapessero, scrivono come se avessero autorità, giudicano come se ne avessero titolo. Ma basta guardarli un attimo per capire: sono il vuoto in una camicia stirata, il fumo senza tracce di arrosto, il packaging senza prodotto.
Ecco perché vanno stigmatizzati, senza alcuna pietà. Non perché rubacchiano una (quasi sempre effimera) visibilità, ma perché rubano spazio, fiducia e tempo a chi ha davvero qualcosa da dire.

Sporcano il racconto del cibo con la loro presenza posticcia
Li ho visti con i miei occhi: evento in provincia, pizza party “gourmet on the road”, uno si infila tra due pizzaioli veri che stanno sudando come dannati da ore, piazza il telefono, finge una risata, scatta la foto e sparisce. Il giorno dopo su Instagram: “Serata straordinaria con amici e colleghi del settore. Emozione vera.” Ma quali c***o di amici? Quali colleghi? Hai preso la pizza e sei scappato, amico!. È questa la nuova frontiera dell’autorevolezza: il colpo di flash strategico, l’autoscatto imbucato, la narrazione pompata in 240 caratteri.
Sono gli affossatori dell’autorevolezza, e hanno il brutto vizio di non volersene mai andare.
La prossima volta che incrociate uno di questi molesti selfie-mercenari postare la solita foto con la usuale frasetta sgrammaticata da piaggeria commovente, fate un favore a voi stessi e al mondo del food: scrollate oltre, o meglio ancora – bloccate.

Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Food, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?