Ristorante Marotta Squille: il ritorno di Domenico Marotta

Marotta Ristorante Squille (CE)

Di Paolo Mandelli

Il territorio, chi è costui?

Quando si parla di territorio, il termine sembra semplice eppure racchiude un universo complesso, stratificato, vivo. È una parola che spesso pronunciamo con leggerezza, magari mentre siamo seduti in un ristorante di alta cucina, aspettandoci che il piatto che ci verrà servito racconti, in qualche modo, proprio “il territorio”. Ma cosa significa davvero?

Il territorio non è solo una questione geografica. Non basta che un ingrediente sia nato e cresciuto in una determinata area per dire che rappresenta quel luogo. La sigla DOP o IGP garantisce una tracciabilità e una qualità, certo, ma non racconta tutto.

Il chilometro zero è importante, è vero, perché implica una riduzione dell’impatto ambientale e una maggiore freschezza dei prodotti, ma non è sempre sinonimo di eccellenza. Allora forse il territorio è qualcosa di più profondo, qualcosa che ha a che fare con le persone, con la comunità, con le storie individuali e collettive.

Il ristorante come parte del tessuto sociale

Parlare di territorio significa parlare di legami. Significa riconoscere che un ristorante, soprattutto uno di alta cucina, non è un’astronave atterrata in un luogo a caso, ma è parte integrante del tessuto sociale, culturale ed economico in cui si inserisce. Ristorante Marotta Squille

Un ristorante è un atto di responsabilità verso il luogo in cui opera, è un motore di sviluppo, di scoperta, di orgoglio locale. In questo senso, ogni scelta di un cuoco diventa una dichiarazione di intenti: chi sostiene? Chi valorizza? Che tipo di mondo vuole costruire attraverso i suoi piatti?

Domenico Marotta: il ritorno alle radici

Un esempio perfetto di questa visione è Domenico Marotta, giovane cuoco casertano originario di Squille, una minuscola frazione del comune di Castel Campagnano, in provincia di Caserta.

Dopo dieci anni di esperienza al fianco di mostri sacri della gastronomia europea come Enrico Crippa, Éric Fréchon e Alain Passard, Marotta ha fatto una scelta che, a prima vista, può sembrare controcorrente: è tornato a casa.

Ha deciso di investire in quel piccolo borgo che lo ha visto crescere, aggiungendo al ristorante di famiglia, un’attività già esistente dedicata a banchetti e ricevimenti, un piccolo ristorante di cucina d’autore. Non ha portato semplicemente la sua tecnica, la sua esperienza, le sue stelle, una Michelin già conquistata, ma ha portato un’idea di cucina radicata profondamente nel territorio.

Domenico Marotta nei campi di Squille raccoglie erbe spontanee

Una sinfonia di territorio

La cucina di Marotta è una sinfonia in cui ogni nota è suonata da un produttore locale, da un artigiano, da un agricoltore, da un allevatore. I prodotti non arrivano da grandi distanze, ma nemmeno vengono scelti solo perché vicini: sono scelti per la loro qualità, per il modo in cui raccontano un paesaggio, una stagione, una famiglia. Ristorante Marotta Squille 

Domenico Marotta mostra un fiore di campo: simbolo del suo legame con il territorio

I pomodori vesuviani, i carciofi, le lumache allevate a erbe spontanee che per questo hanno un gusto erbaceo sorprendente, quasi fossero carne, sono i protagonisti assoluti. E la carne, quando c’è, è trattata con la stessa reverenza che Marotta ha imparato nei grandi templi della cucina francese: piccioni e agnelli diventano materia poetica, non solo culinaria.

Il cuoco come ambasciatore culturale

In un’esperienza da Marotta, il piatto non arriva mai da solo. Con lui arrivano anche i nomi e i volti di chi ha coltivato, allevato, vinificato. In questo senso, il cuoco non è solo un esecutore, ma un mediatore culturale, un ambasciatore del suo mondo. E in ogni piatto, simbolicamente, viaggiano con lui anche i suoi produttori, gli artigiani, i contadini. Non è solo alta cucina, è una dichiarazione d’amore verso un territorio e verso chi lo abita.

Una carta dei vini coerente

Anche nella carta dei vini si respira questa filosofia. I grandi nomi ci sono ma sono affiancati ai piccoli vigneron locali: dal Vesuvio al Vulture, passando per i colli casertani. Una menzione speciale va al Fiano di Davide Campagnano, coltivato sui i terreni limosi del Vulture che avvolge la cena con la sua eleganza e profondità, diventando anch’esso un elemento narrativo.

Alta cucina come atto politico e poetico

Il ristorante, così, smette di essere un semplice luogo di consumo e diventa un punto di incontro tra passato e futuro, tra innovazione e memoria, tra chi produce e chi consuma. È un motore di trasformazione che non si limita a valorizzare il territorio, ma contribuisce a plasmarlo, a farlo crescere, a renderlo visibile e desiderabile.

La domenica da Marotta, a Squille, non è solo un pranzo: è un viaggio. Un viaggio nella bellezza di una terra che troppo spesso viene dimenticata, marginalizzata, ma che ha un potenziale straordinario. È un’esperienza che fa innamorare, perché è autentica, profonda, coerente. E perché ci ricorda che il territorio non è solo un concetto da appiccicare su un’etichetta, ma un corpo vivo, fatto di relazioni, di scelte, di responsabilità.

Conclusione

Domenico Marotta ha dimostrato che si può fare alta cucina anche lontano dai riflettori delle grandi città, e che la vera grandezza non sta nel lusso, ma nella capacità di restituire valore alla propria terra, alle proprie radici. In un mondo sempre più globale e standardizzato, è un gesto potente, quasi rivoluzionario.

Domenico Marotta premiato tra i Best Chef 2024 per il Ristorante Marotta a Squille

Benvenuti a Squille, benvenuti da Marotta ristorante, qui ci si innamora. 


Marotta Ristorante 

Via Marrochelle, 52

81010 – Squille (CE)
info@marottaristorante.com

https://marottaristorante.com

Tel. 349 5419274 

Ristorante Marotta Squille

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