Madresàl Bronner: il vino che ride del conformismo (e ti schiocca un bacio d’agrumi sulla lingua)
Non so voi, ma a volte ho la sensazione che buona parte del mondo del vino si sia trasformato in un cupo teatrino di bottiglie stirate, etichette modaiole e sommelier che sproloquiano come il menu di un ristorante sì stellato, ma a digiuno di emozioni.
Poi… Alleluia!
Ti capita nel calice il Madresàl da uve Bronner, un bel rifermentato in bottiglia , e tutto il resto sparisce come la schiuma nello scarico dopo una lavastoviglie ben fatta.
Color pesca, sì, ma mica quel pesca patinato da influencer col filtro beige: no, qui è pesca vera, succosa, un po’ impudente, con riflessi dorati che sembrano urlare “assaggiami, se hai coraggio!”.

E appena lo fai… zacchete! La lingua prende la scossa.
Fiori di pesco e pompelmo rosa che accarezzano come una primavera al contrario, tropicalità sfrontata che s’infila tra le pieghe della bocca, e poi… quella freschezza assassina che ti spinge a un altro sorso, e un altro ancora, fino a che ti accorgi che il bicchiere — accidenti — è vuoto, e stai già cercando la bottiglia come un naufrago la zattera.
Il Bronner, santo cielo, questo vitigno piwi che più di qualcuno snobba come lo zio un po’ svitato che bisogna per forza invitare al pranzo di Natale, qui mostra i muscoli. Non quelli gonfiati da barrique o marketing, ma quelli veri: nati dal terreno e da un’idea diversa di vino. È agrumato, minerale e, soprattutto, vivo.
Poi c’è quel finale asciutto e salino che ti fa venire voglia di leccare la pietra su cui hai appena inciampato — e sì: è una cosa sana e giusta.
Per quel che so, e per quanto dichiara il produttore, il Madresàl nasce da lieviti indigeni, senza solfiti aggiunti, e in mancanza di altre notizie certe e dettagliate credo che si possa tranquillamente iscrivere alla tribù, spesso rumorosa ma sincera, dei vini naturali.
Poi, se qualche lettore gastrodelirante ne sa di più, si faccia avanti: la verità, come il vino buono, è meglio berla in compagnia.
In ogni caso, il Madresàl regala sprazzi di felicità autentica a chi lo beve — quella felicità spensierata, minerale e limpida che dura giusto il tempo di un sorso, ma resta a lungo nella memoria.
Il Madresàl è un vino che non fa prigionieri. Ti guarda dritto negli occhi e ti chiede se sei pronto a dimenticare la comfort zone dei “bianchi facili”. È un vino che racconta di chi osa piantare Bronner quando tutti piantano Chardonnay, di chi scommette sulla terra più che sulle mode. Un vino che suda sincerità e profuma di ostinazione.
In un mondo enologico dove troppi parlano di terroir ma bevono solo status symbol, il Madresàl è come un colpo di vento in faccia: fresco, tagliente, un bel po’ sardonico.
E, quando l’ultima goccia scivola via, resta quella sensazione di aver bevuto qualcosa di vero — e di esserti ricordato, per un istante, perché si ama il vino.

Nota (semi-seriosa) del critico delirante sul Madresàl
Il Bronner, vitigno resistente e misconosciuto ha tutte le carte per diventare il punk dei bianchi moderni: anarchico, onesto, agrumato fino al midollo e con un’anima minerale che mica chiede permesso. Il Madresàl ne è la prova vivente — pardon, piwivente.
Da abbinare? Con quello che cavolo vi pare… o con una bella sera d’estate in buona compagnia, in cui vuoi solo dimenticare i vini “da conversazione”.
Perché certe volte, più che parlare di vino, bisognerebbe solo ascoltarlo, dentro di noi.
Az. Agr. Mike Dalto S.s. Soc. Agr.
Via Giazzera – 31051 Follina
Tel. 333 8050852 – info@mikedalto.com
www.mikedalto.com
Per chi vuole approfondire sui Piwi…
I PIWI, ovvero il mostro cattivissimo sotto il letto del vignaiolo…
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Food, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?
