Facciamola ancora, quella scatoletta!
Andreina di Loreto — Errico Recanati e la continuità che profuma di brace
“Perché certe cose, se cambiano, rovinano la poesia.”

Una stella, ma la brace resta accesa
Tornare all’Andreina di Loreto, dove Errico Recanati custodisce la sua scatoletta iconica, è come rimettere piede in un luogo della memoria. Una visita anonima, come sempre — perché certi riti gastronomici si rispettano, non si annunciano.
Appena entri, la senti. Quell’aria calda, profumata di brace, che non è solo odore ma promessa.
Il locale oggi è più elegante, più calmo, più sicuro di sé.
C’è una stella Michelin che brilla, meritata e luminosa, e anche le altre guide si sono finalmente accorte di quanto la cucina di Errico Recanati sia cresciuta — solida, consapevole, identitaria.
Ma, e qui sta il bello, qualcosa non è cambiato affatto.
La scatoletta iconica dell’Andreina di Loreto
Già: la scatoletta.
Quel piccolo scrigno quasi apotropaico che anni fa apriva il pranzo nella braceria di famiglia e che oggi — pur in un ristorante stellato nelle Marche — apre ancora le danze, con lo stesso spirito e la stessa brace nel cuore.
È un gesto, più che un piatto. Un segno di coerenza. Un saluto al commensale pagante.
Arriva sobria e curata: scatolina pulita, dentro tre scomparti ordinati.
Una mini tartare di carne, una polvere d’oliva tenera ascolana disidratata, un frammento di pane fritto, dorato e croccante.
E poi tocca a te — sì, proprio a te — completare l’opera: impanare, montare, mordere.

Un piccolo gioco di manualità che restituisce alle mani il loro ruolo.
Perché la cucina, quella vera, non è solo guardare: è partecipare.
Già nel gesto capisci che stai per iniziare un percorso che parla di memoria, identità e territorio.
Un boccone che vale un viaggio
Arriva il momento dell’assaggio.
E nonostante tu sappia cosa ti aspetta, ti sorprende lo stesso.
La carne dolce e ferrosa, l’oliva che pizzica con la sua bella nota verde, il pane che scricchiola come un applauso.
Un’oliva all’ascolana destrutturata?
Sì — ma anche no.
È molto di più: è la trasfigurazione di un ricordo, un modo elegante per dire che la tradizione può cambiare forma senza perdere sostanza.
La scatoletta iconica è il gesto che apre il pranzo e racconta tradizione e memoria senza retorica.
Errico Recanati: la filosofia e la sua scatoletta iconica di Loreto
Perché Errico Recanati qui non gioca a stupire: ragiona.
Con quella calma da artigiano-filosofo che ha imparato dal fuoco a essere essenziale.
Ogni volta che un ospite apre quella scatoletta, ripete il gesto che lo chef ha scelto come simbolo della sua cucina: tenere viva la tradizione mentre tutto evolve.
La sala scorre tranquilla, il servizio è discreto ma impeccabile, e il profumo della brace — sì, sempre lei — lega tutto: il passato e il presente, la memoria e l’innovazione.
Cambiare senza cambiare
La stella, i riconoscimenti, i menu più ambiziosi non hanno scalfito quell’anima: l’hanno solo resa più consapevole.
La forza dell’Andreina di oggi sta in questa coerenza: cambiare senza cambiare, crescere senza tagliare le radici.
Quando il coperchio si richiude e il boccone si dissolve in bocca, rimane un sorriso.
Quello di chi riconosce un sapore familiare, ma lo ritrova nuovo.
E capisci che la vera grandezza di un piatto iconico non è stupire ogni volta, ma emozionare come la prima volta.

E alla fine…
In un mondo gastronomico che corre, insegue mode, destruttura e ricostruisce a ritmo di hashtag, sapere che quella scatoletta — quella, proprio quella — è ancora lì ad aprire il pranzo dell’Andreina,
beh… fa bene.
Fa bene al gusto, e un bel po’ anche all’anima.
Perché certe cose, come la brace — e come la scatoletta di Recanati — non si spengono mai.
Fabio Riccio –
Interessato da più di venticinque anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale.
Dal lontano 1998 autore della guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, Scrive sulla rivista il Cuoco organo ufficiale della FIC, ha scritto sulla guidade le Tavole della Birra de l’Epresso, Su Cucina a Sud, sulla guida Osterie d’Italia Slow Food, su Diario della settimana e L’Espresso, e quando capita scrive di cibo un po’ ovunque gli gusta.
Infine è ideatore e autore di www.gastrodelirio.it – basta questo?