A tavola! Gli italiani in 7 pranzi

Di Serena Manzoni

Domenica mattina. Sveglia alla solita ora. Si parte! Cerchiamo di iniziare bene la mattina e usciamo un po’ prima per passare in pasticceria… Mi è bastato poco tempo ad introitare l’abitudine meridionale delle paste domenicali e, dovendo oggi viaggiare, le sostituisco con un croissant fragrante ripieno di quella bella crema così fluidamente rinfrancante. Ma la giornata comincia storta… finiti i cornetti alla crema? Cioccolato bianco? E sia…

 A tavola! Gli italiani in 7 pranzi

Stazione. Sono pronta, ho anche il dolce! Mi piace viaggiare in treno, mi piacciono le lunghe percorrenze accanto al finestrino, specialmente quando il treno rasenta il mare ed avere un buon libro in cui immergermi fino alla fine del viaggio, fino alla fine del libro. Diciamo che per un viaggio di solito preferisco avere con me della narrativa, ma per questa volta va benissimo anche questo saggio di Emanuela Scarpellini: A tavola! Gli italiani in 7 pranzi, Editori Laterza, 2014.

A tavola! Gli italiani in 7 pranziL’autrice si sofferma su sette situazioni della storia d’Italia, partendo da un pasto ideale del momento storico preso in considerazione e da questo movente approfondisce la storia della nazione e quella dell’alimentazione, non tralasciando salti nell’antropologia e sui significati dell’alimentazione e della cucina. I pasti descritti sono tratti da opere letterarie, ma anche ricavati e immaginati da archivi e documenti storici. Si parte con il banchetto descritto da Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo per affrontare il periodo 1861-1880 e la costruzione dello Stato Unitario, segue il periodo fino al 1900 con i miseri pasti contadini de Il mondo dei vinti di Nuto Revelli. Ho davanti a me cinque regioni per arrivare al XXI secolo: poso il valigione, mi siedo, fischio del capotreno, pronti, partenza, vai!

L’ho detto, la giornata è cominciata storta: niente crema nel croissant, il posto prenotato va in senso inverso rispetto a quello di marcia (e questo lo posso ancora sopportare, anche se per la lettura non è il massimo), il sedile è vicino al finestrino, ma verso l’interno e non, come piace a me, dalla parte del mare (ma quante ne vai trovando? Mi direbbe Fabio a questo punto…).

Decido stoicamente di affrontare positivamente questi piccoli inconvenienti e mi appresto alla lettura con decisione… ma a questo punto arriva lui! Lo riconosci subito, è lo scocciatore da treno! Avete presente quegli individui che proprio non ce la fanno a stare zitti e che devono necessariamente trovare qualcosa di cui lamentarsi e e renderne partecipe tutto il vagone per non dire il treno intero e tutta l’umanità?

La cosa preoccupante è che siamo soli, lui seduto nel posto che avrei voluto occupare io (il A tavola! Gli italiani in 7 pranzimare, il senso di marcia etc…) ed io di fronte anche se nei sedili all’altro lato. Alzo il libro, mi proteggo letteralmente con la copertina e cerco di fare la mia faccia più antipatica per non essere interpellata, ma non serve a niente! Non so come leggo il capitolo che affronta lo sviluppo industriale e il pranzo operaio tra cucine economiche e zabaione e di un’alimentazione sempre più vicina alla scienza mentre il mio incubo va avanti e indietro per tutto il vagone lamentandosi di questo e di quello, il tono di voce naturalmente altissimo.

Resisto, e affronto il periodo tra le due guerre mondiali tra autarchia e cucina futurista: l’argomento mi appassiona ma arriva il capotreno e allora si apre una discussione che coinvolge metà viaggiatori sull’atteggiamento passivo o attivo del viaggiatore alle prese con i problemi del viaggio (aspetto che passi il personale viaggiante o vado a cercarlo?).

Voi direte, ma perché non cambi posto? Avete proprio ragione, ma il vagone nel frattempo si è fatto abbastanza affollato e cambiare la vettura con la prenotazione obbligatoria, non mi sembra la decisione migliore. E poi, il bravo ferroviere ha risolto l’inconveniente e quindi il nostro vicino dovrebbe tranquillizzarsi… il dopoguerra e il boom, la tavola italiana fino al 1973… se non fosse che, approfittando dell’occasione, il gruppo dei viaggiatori capitanato dal nostro uomo inizia un’animata conversazione di cui si parla di tutto un po’ e a volume altissimo… a questo punto mi aggrappo al libro come ad un salvagente, anche se il viaggio e la lettura ormai sono seriamente compromessi: lo avevo detto che la giornata era iniziata storta…

Cambio finalmente treno, leggo gli ultimi capitoli che portano ai giorni nostri e a due futuri possibili e mi riprometto di rileggere il libro perché si tratta di un’opera davvero interessante e ben fatta. Parte dal cibo e dalla tavola e racconta la nostra storia recente, quella delle abitudini alimentari come effetto e manifestazione di situazioni storiche, economiche,politiche ed antropologiche. La lettura (rompiscatole ferroviari a parte) è piacevole e fa venire voglia di approfondire, riflettere, capire.

Domenica prossima farò il viaggio di ritorno, magari, potrei riprovarci…

 A tavola! Gli italiani in 7 pranzi

Piccola biblioteca gastrodelirante di Serena Manzoni

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